- La giravolta che ha condotto il partito populista per eccellenza della scena politica italiana, la Lega, a sostenere un governo capeggiato dalla figura più emblematica dell’establishment finanziario europeo non comporterà a breve, emorragie a livello di apparato.
- Nessuna rivolta di duri e puri è all’orizzonte, nessuno smottamento simile a quello che sta disgregando i Cinque Stelle è prevedibile in tempi brevi.
- Il secondo punto fermo è che, dicendo sì a Draghi, il partito ha tagliato definitivamente i ponti con quella cospicua fetta di ex sostenitori che già se ne era allontanata dopo le elezioni europee del maggio 2019.
Due Leghe? Un gioco delle parti? Un espediente tattico? Un drastico cambio di strategia? Sono molti gli interrogativi sollevati dalla repentina modifica di atteggiamento di Matteo Salvini delle ultime settimane, e altrettante le risposte avanzate dagli osservatori. Quelle di chi non nasconde la propria avversione al leader del Carroccio convergono sulla tesi dello spregiudicato e temporaneo espediente, dell’affrettato maquillage escogitato con l’unico scopo di non finire all’angolo e, quel che



