Pigrizia mentale, anti politica e, soprattutto, una forte dose di paraculismo tattico: tutto il dibattito nel centrodestra su partito unico, federazione o alleanza strategica può essere sintetizzato così. Fateci caso: ogni volta che qualcuno esce fuori con questi appiccicaticci politici nessuno accenna mai a un minimo discorso ideologico, valoriale o, quanto meno, programmatico.

Fateci caso, il centrodestra è da una parte, come lo ha definito su queste colonne Nicola Imberti, un’alchimia profondamente irrazionale, e dall’altra è una scatola vuota che diventa recinto difensivo. Una via di mezzo tra la coperta di Linus e un oggetto scaramantico: dietro la propaganda “unionista” non si trova granché di “unico”. E nemmeno di coerente.

Basti solo pensare al posizionamento rispetto a un governo Draghi. Ognuno va per la sua strada: dall’opposizione dura e pura di Giorgia Meloni, passando all’appoggio critico (e obbligato) di Matteo Salvini, fino all’ovazione di Antonio Tajani. Di fronte alle scelte vere, del centrodestra non si trova più nemmeno la scatola. Esploso. Eppure la propaganda quotidiana racconta altro. Perché?

Contenitore e contenuto

La prima risposta è fin troppo benevola. Un conservatorismo di maniera impone che le cose si facciano oggi così come si facevano ieri. Poco importa che tutto sia cambiato, poco importa che il centrodestra di quindici anni fa non avesse nulla a che fare, sia in termini numerici sia in termini culturali, con quello di oggi: allora la coalizione era a evidente trazione moderata. I primi tre partiti? Forza Italia, Alleanza nazionale e Udc. Solo quarta una Lega che aveva poco o niente a che fare con la deriva sovranista imposta da Salvini.

Tutto è cambiato tranne il contenitore. L’abitudine un po’ burocratica ha fatto sì che gradualmente ma inesorabilmente l’estremismo sovranista prendesse il sopravvento senza che la destra moderata e liberale facesse niente per contrastare una tendenza dovuta più a mancanza di offerta che a una vera e propria domanda degli elettori. Quella che prima era destra liberale e moderata oggi è destra estrema e populista. Certo, le radici dell’oggi c’erano anche allora: basti pensare all’anomalia di un partito liberale di massa che non è mai riuscito ad affrancarsi dall’essere un partito azienda; basti pensare a un’Alleanza nazionale che portava in sé ancora troppe scorie del passato (ancora nel 2003 Gianfranco Fini ha dovuto subire attacchi di tutti i tipi per il suo viaggio in Israele).

Ma certo non basta la pigrizia a spiegare il masochismo evidente della destra liberale italiana che, tranne debolucce eccezioni, sembra godere per le scudisciate sovraniste. Il feticcio centrodestra è diventato un monumento all’indecisione antipolitica. Se un’alleanza è “strategica”, se un patto è “di ferro” tutto diventa più semplice, tutto è automatico. Perché viene a mancare l’esigenza eroica della decisione politica. “Stiamo insieme perché stiamo insieme”, il centrodestra italiano è così diventato un’inutile tautologia incapace di qualsiasi gesto coraggioso.

Un paio di confronti. Pensiamo alla destra repubblicana francese che da decenni combatte contro la destra estrema di Marine Le Pen, fresca di batosta alle elezioni regionali. Pensiamo all’alleanza che in Germania governa da anni: niente di precostituito, niente di scontato, niente di burocratico. Tutto di politico. E allora non c’è da meravigliarsi che la vulgata propagandistica continui a puntare sull’anomalia tutta italiana dell’alleanza strategica (c’è chi la chiama partito unico, chi la chiama federazione, ma l’effetto è lo stesso) tra le destra estrema (antieuropea) e quella liberale (europea), non c’è da meravigliarsi che continui a scommettere su quello che in economia sarebbe un vero e proprio cartello oligopolistico utile solo a difendere posizioni, interessi, poteri precostituiti.

Che fare? La risposta è tanto semplice a parole quanto complessa nei fatti. Scommettere sulla concorrenza costruendo a destra un’offerta diversa e, soprattutto, alternativa al sovranismo. Non c’è un’opzione b. Inutile girarci intorno: qualsiasi gamba moderata dell’attuale alleanza a trazione sovranista non può che essere definita complice, collaborazionista. Difficile? No, difficilissimo. Ma è l’unica soluzione per non consegnare l’Italia a un destino di perenne periferia dell’occidente. Perché questo fa il sovranismo: se governa chiude il paese in sé stesso, se non governa (cosa più probabile) lo consegna a una sinistra incapace per dna di fermare il declino di una nazione.

 

© Riproduzione riservata