Che cos’è la ricchezza? Sembra ovvio. Partiamo dalle definizioni degli economisti che lavorano sulla diseguaglianza. La ricchezza è la somma di tutti i beni che si possiedono (contanti, casa, auto, mobili, quadri, denaro in banca, valore delle azioni, obbligazioni ecc...), più ció che viene chiamato “il valore di rimborso” delle polizze sulla vita e di piani simili, meno il totale dei debiti.

In altre parole si tratta dell’ammontare di denaro che si otterrebbe a liquidare oggi tutti i propri averi e a ripagare tutti i debiti. (L'importo può chiaramente anche essere negativo.)

La definizione può essere ulteriormente complicata in quanto alcuni economisti insistono sul fatto che si dovrebbe aggiungere il valore capitalizzato dei flussi di reddito futuri.

E’ più interessante però adottare una visione storica della ricchezza per provare a rispondere a una domanda molto più complessa di quello che potrebbe sembrare: chi è la persona più ricca della storia?

Se si vogliono mettere a confronto persone di epoche diverse non si può semplicemente cercare di calcolare la loro ricchezza complessiva. Ciò è impossibile per quello che è noto come “il problema dei numeri indice”: non c’è modo di confrontare l’insieme di beni e servizi disponibili in un’epoca e in un’altra, visto che sono enormemente diversi.

Se posso ascoltare un milione di canzoni e leggere per tutta la notte usando una luce molto buona, e se attribuisco un grande valore a questo, potrei essere considerato più ricco di qualsiasi re che abbia vissuto 1000 anni fa.

Anche Alexis de Tocqueville notò questa cosa quando scrisse che i re dell’antichità vissero vite di lusso, ma non di comfort.

Ecco perchè dovremmo usare la definizione di ricchezza del fondatore della scienza economica,  Adam Smith: “Una persona  sarà ricca o povera in relazione alla quantità di lavoro che può pagare”.

Ciò significa che l’entità della ricchezza di una persona dovrebbe essere stimata all’interno del contesto storico: quante migliaia di ore di lavoro può ottenere usando l’intera sua ricchezza.

Tuttavia questa metrica è più semplice da applicare al passato che al presente.

Quando, diciamo in epoca romana, i paesi avevano approssimativamente lo stesso livello di reddito, prendere la persona più ricca negli imperi romano e cinese e confrontare la loro ricchezza con il reddito di base (cioè lo stipendio tipico del tempo) era una cosa sensata perché “il salario tipico” era lo stesso a Roma e in Cina.

Ma se si prendono il fondatore di Amazon Jeff Bezos o quello di Microsoft, Bill Gates, con quali redditi  dovremmo confrontare la loro ricchezza? I salari dal lavoro negli Stati Uniti o un teorico tasso salariale globale?

Nel primo caso, non dovrebbe la ricchezza di Carlos Slim o degli oligarchi russi essere comparata allo stipendio medio in Messico e Russia? In un mio libro, Chi ha è chi non ha, ho tentato di rispondere. I dati sono di una decina di anni fa (2010-2011) ma potrebbero essere facilmente aggiornati.

All’epoca il finanziere messicano Carlos Slim e l’oligarca russo Chodorkovskij, poi incarcerato dal presidente Vladimir Putin, erano probabilmente le persone più ricche della storia, se la loro ricchezza viene misurata in rapporto agli stipendi del loro paese. E secondo lo stesso metro, John D. Rockefeller nel 1937 era più ricco di Bill Gates nel 2005.

Questione di potere

Quando facciamo questo genere di calcolo implicitamente guardiamo al potenziale dei miliardari nel loro paese di origine: la loro capacità di assumere migliaia di persone. Eppure, notate che qui ho cambiato un po’ le carte in tavola. Quello che davvero sto facendo qui è di misurare la ricchezza nello spazio del potere potenziale.

Oggi diremmo che il potere non sempre implica un’effettiva ricchezza finanziaria. Esso può provenire dal potere politico diretto.

Josif Stalin, per fare un esempio, avrebbe potuto spostare più lavoro con una sua decisione di quanto avrebbero mai potuto immaginare Chodorkovskij o Slim. Lo stesso vale per tanti altri dittatori nella storia.

Questa fusione tra la quantità di denaro in quanto tale e il potere di comandare lavoro porta a credere che i governanti assoluti dovevano essere straordinariamente ricchi.

La visione si basa implicitamente sui valori delle nostre società contemporanee che sono pienamente commercializzate e in cui avere ricchezza si avvicina ad avere il potere.

Se guardiamo a persone come il miliardario e presidente degli Stati Uniti Donald Trump, all'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi o a un altro miliardario americano che ha provato a essere presidente, Michael Bloomberg, diventa ancora più “naturale” vedere ricchezza e potere come una stessa sola cosa.

Inoltre si pensa che la ricchezza dovrebbe includere la possibilità di lasciarla ai propri eredi.

Dopotutto molte persone giustificano le straordinarie somme accumulate con la preoccupazione per i famigliari, o con il progetto di lasciarle poi a qualche progetto filantropico.

Ma cosa succede quando la ricchezza privata effettiva è bassa anche se la capacità di controllare un’enorme quantità di risorse è molto vasta?

Questo è stato il caso, in modo estremo, con Stalin, ma anche con la maggior parte dei leader comunisti. Chiunque tra loro fosse un leader supremo nel proprio paese aveva un enorme potere di spostare le risorse. Usavano molte risorse anche per se stessi; non (nel caso di Stalin) in una maniera ostentatamente zarista, ma per esibire il proprio potere e il potere dello stato.

Le risorse venivano anche utilizzate per pagare gli incredibilmente elevati costi legati alla sicurezza, così che nessuno potesse seguire gli spostamenti del leader supremo. (Lo stesso motivo per cui i presidenti americani usano sempre due o tre elicotteri e non uno). Ciò ha comportato che Stalin avesse accesso a circa venti residenze in diverse aree attorno a Mosca e sulla costa del Mar Nero. Alcune di queste residenze erano solo per uso personale, altre erano condivise con il resto della leadership.

La situazione di Mao Tse Tung in Cina  era molto simile. Tito, in Jugoslavia, aveva almeno sette residenze in diverse parti del paese.

Eppure, ciò che nessuno di questi dittatori aveva la capacità di fare era di trasferire tale “ricchezza” alla propria progenie. A molti di loro non importava granchè della famiglia più prossima, è certamente il caso di Stalin e Tito.

A Mao importava un po’ di più, ma suo figlio ereditò poco; Chiang Ching, la vedova di Mao, ereditò ancora meno e morì in prigione. Pertanto, volendo creare una semplice tabella (vedi sotto) di ciò in cui consiste la ricchezza, si nota che in questi casi non ha adempiuto a tutte le funzioni che normalmente le assegniamo.

Il motivo per cui non è riuscito a farlo è perché attribuiamo alla ricchezza le caratteristiche delle nostre società commercializzate.

La funzione della ricchezza

Nelle diverse società, anche se relativamente vicine alle nostre per età e sviluppo tecnologico (come l’Unione Sovietica di Stalin o la Cina di Mao), la funzione della ricchezza era diversa.

Il potere era la vera ricchezza, non le dimore che venivano usate d’ufficio e che non potevi lasciare in eredità.

Scopriamo così che la difficoltà, o forse impossibilità, di confrontare la ricchezza in epoche diverse non è tale soltanto perché non possiamo dare valore a cose che non esistevano nel passato ed esistono ora, ma perché è problematico confrontare la ricchezza in società differenti, con caratteristiche strutturalmente diverse.

Dobbiamo renderci conto che confrontare la ricchezza delle persone nella lista di Forbes va bene fintanto che condividono un ambiente sociale simile: la stessa capacità di proteggere quella ricchezza, di usarla per dominare le persone intorno, di lasciarla in eredità.

Nel momento in cui queste condizioni sottostanti si discostano, il confronto cessa di essere significativo.

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