Neanche questa – nonostante i fondi del Recovery plan – sembra essere la volta buona per passare da un sistema di gestione dei servizi e delle reti pubbliche obsoleto, garantista e monopolista a uno dinamico, concorrenziale e che stimola responsabilità ed efficienza in settori decisivi per la qualità della vita dei cittadini e per la sostenibilità ambientale.

Il Piano di ripresa italiano parte proprio dalla concorrenza, si legge da fonti governative. Questo sarà uno dei pilastri su cui poggerà la strategia del governo di Mario Draghi, assieme alle riforme della pubblica amministrazione e della giustizia, e alla semplificazione. Le proposte sulla concorrenza sarebbero state recepite da un ricco e articolato documento dell'Antitrust inviato a Bruxelles, che una volta ritornato con la “sicura” approvazione dell’Ue verrà approvato dal Consiglio dei ministri insieme alla legge sulle concessioni e sugli appalti.

Durante questo lungo iter, però, i monopolisti pubblici e privati hanno già trovato la scappatoia per tenersi in mano la gestione delle concessioni, dei punti di rete (gas, telecomunicazioni, porti, autostrade, dighe ecc.), dei servizi di trasporto, di gestione dei rifiuti e altri. Mentre tutti dicono di essere con Draghi per l'introduzione di elementi di concorrenza che favoriscano sviluppo, trasparenza ed efficienza, sotto sotto (e neanche troppo) operano in direzione contraria.

I meccanismi per scansare la concorrenza sui quali stanno lavorando da tempo i monopolisti pubblici sono quelli dell'”house providing”, dell'affidamento diretto e della proroga. Per “house providing” si intende l’affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un ente pubblico a una società controllata dall’ente medesimo o da altri enti pubblici, senza ricorrere a gare in ragione della peculiare relazione che esiste tra il concessionario e la società affidataria.

Le società in house, infatti, sono dotate di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la loro equiparazione ad un ‘ufficio interno’ dell’ente che l’ha costituita - una sorta di longa manus federalista pubblica. L’affidamento diretto previsto dal decreto legge Semplificazioni non presuppone una particolare motivazione né lo svolgimento di indagini di mercato particolari. Basta motivare le ragioni della scelta - ad esempio la necessità e urgenza o motivi di privativa commerciale - giustificando così la procedura negoziata senza bando.  

L'utilizzo delle formule di affidamento diretto e di “house providing” serve quindi per aggirare surrettiziamente la concorrenza ed evitare le gare per l'affidamento dei servizi e delle concessioni. Nel caso delle autostrade, i grandi concessionari hanno già predisposto la documentazione per evitare la messa a gara delle tratte da loro gestite o evitare il ritorno della concessione allo Stato, come avvenuto in Spagna, dove dal 1° settembre 2021 è stato eliminato il pedaggio su due autostrade catalane per un totale di 474 km.  

In Italia, invece, si continua con opache trattative per l’affidamento in house di Autobrennero (A22) e del tratto Venezia-Trieste dell’A4. Nel primo caso, la concessione è in  proroga senza corrispettivo versato allo Stato dall'aprile 2014, e ora gli enti gestori (regione Trentino-Alto Adige e altri enti locali) vorrebbero prorogarla per altri trent'anni senza gara. Nel secondo, la concessione è in proroga dal 2017. Per avere il rinnovo della concessione, anche qui senza gara, le regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto hanno costituito la società autostradale Alto Adriatico, una newco interamente pubblica.

Nel nostro Paese, le nuove concessioni perpetuano la medesima struttura di quelle garantendo rendite di posizione e di redditività ai gestori, e svantaggi al pubblico, con alte tariffe e scarsa manutenzione. In questo contesto, il ruolo dell’Autorità dei Trasporti si riduce a un timido regolatore dei soli pedaggi. Mentre il ministero della Mobilità sostenibile sembra dare per scontato che le concessioni siano eterne, a causa degli alti costi di subentro (il valore degli investimenti non ancora ammortizzati che si ribalta sui conti economici e quindi sul piano finanziario dei nuovi concessionari).

Le scadenze di concessione devono essere invece l’occasione per rimodellare il settore autostradale, applicando finalmente le regole europee e passando a contratti di servizio snelli, trasparenti e a pedaggio zero, o che comprendano solo i costi di manutenzione e non anche lauti dividendi agli azionisti.

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