Per il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sono in arrivo misure sul rafforzamento patrimoniale delle imprese in era Covid. Certo non opporrà il fantasma del “Sussidistan” il nuovo, muscolare presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, né chiederà, come Visco, di separare «quelle meritevoli di sostegno e quelle non più vitali».

L'inadeguatezza pubblica frena sì il Paese, ma prima di ergersi a giudice, Bonomi dovrebbe fare il medico, curando se stesso. Se il lavoro lo creano le imprese, bene sentire Confindustria; essa però non serve interessi generali, è il sindacato degli imprenditori.

Dopo un presidente piacione come Vincenzo Boccia, Bonomi accelera il ritmo, ma non muta lo spartito; lo Stato è un disastro, dice, lasciate fare a noi.

Imprese troppo piccole

Da anni in Italia calano gli investimenti, pubblici e privati. Sappiamo perché i primi scendono, ma non ci chiediamo mai perché calano anche quelli privati. Il punto è la taglia delle imprese. Se troppe sono piccole, langue l'investimento, stagnano Pil e produttività, sale il peso del debito; in circolo vizioso, calano ancora gli investimenti.

Solo concentrandosi, le imprese avranno taglia adeguata ai grandi investimenti necessari, il Pil potrà assorbire l’abnorme debito pubblico; migliorerà anche il livello civile del Paese. Le grandi assenti sulla crescita sono le imprese: anche Bonomi vuol far «ripartire gli investimenti pubblici e privati», ma sorvola sul perché questi non investono. Confindustria, da buon sindacato, vuol denari e potere per sé ed associati. La sua “base” certo non è più lungimirante di quella dei sindacati. Maturano ardue scelte su quali imprese sostenere e quali no, ma è ingenuo attendersi che Confindustria, così scettica su tutto quanto è pubblico, incoraggi il processo di riorganizzazione, necessario presupposto per gli investimenti che rendano virtuoso il circolo.

Le imprese in Italia ritenute grandi anziché aiutare le piccole, in affanno da Covid, preferiscono fornitori piccoli, deboli, malleabili, da tenere al guinzaglio, corto. Un grande ruolo nel vasto processo di razionalizzazione, obbligato presupposto dello sviluppo, può allora giocarlo il “quarto capitalismo” che, ammutolito oggi in Confindustria, tiene in piedi bilancia commerciale e filiere dei sub-fornitori.

Nato anche da ex artigiani e piccoli imprenditori, a loro affine geneticamente, sa bene chi salvare e chi sommergere, spingendo i riluttanti. Come rileva Romano Prodi, solo quelle imprese hanno le informazioni produttive, commerciali e finanziarie per ridisegnare la filiera. Il quarto capitalismo sarà all'altezza?

Dare il buon esempio

Le piccole subiscono anche soperchierie nelle sub-forniture. Agli esordi romani Bonomi chiese al governo di pagare gli arretrati seguendo «le stesse regole dei privati», ma quell'invito doveva farlo ai suoi; lo Stato già segue le male prassi dei grandi. Essi acquistano componenti e sotto-insiemi da una miriade di sub-fornitori. I rapporti di forza fra le parti, come quelli fra utility e consumatori, sono squilibrati. Perciò una direttiva Ue, traslata nella legge italiana, impone di pagare le sub-forniture entro 60 giorni, prorogabili in dati casi a 90; eventuali ritardi comportano salati interessi.

Purtroppo non ci sono sanzioni per chi sfora, e i grandi platealmente sforano.

Il fornitore potrebbe trascinare in giudizio il moroso, ma chi mai vuol avere ragione fra dieci anni, intanto spender soldi e perdere il cliente? Ne derivano gravi ritardi nei pagamenti, talvolta perfino previsti ex ante. Così le finanze dei sub-fornitori traballano, gli investimenti slittano a tempi migliori, i dipendenti son pagati meno che nelle “grandi”; magari i bonus dei Ceo di queste crescono per il miglioramento della posizione finanziaria, la loro, naturalmente! Stupisce il silenzio di sindaci e revisori, cui spetta accertare il rispetto delle leggi; avranno forse scoperto come tramutare la gassosa deontologia in liquidi incassi.

Per rimediare serve una legge che abiliti il fisco ad usare i dati della fatturazione elettronica, operando sul “Cassetto fiscale”, contenente tutte le informazioni rilevanti dei contribuenti. Chissà che ne pensa l'Autorità per la protezione dei dati personali, chiamata in causa sulla privacy fiscale da Vincenzo Visco (su Domani, 25 ottobre).

Non sarà l'asfissia finanziaria a propiziare un grande processo di aggregazione fra medio-piccole imprese. Esso è però essenziale per il nostro futuro, economico e civile; serve infatti a far crescere, con la taglia delle imprese e i loro investimenti in ricerca e sviluppo, anche l'incidenza dei titoli di studio superiori. Da noi è molto inferiore a quella dei nostri grandi concorrenti; è chiaro, le nostre credono di aver meno bisogno di laureati altrimenti, non trovandoli in casa li cercherebbero fuori. Fuori, invece, vanno tanti dei nostri pochi laureati. onfindustria coccola gli associati, ma il Paese merita di meglio.

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