Lasciamo da parte per un momento il caso Renzi, la rottura e come è avvenuta. Il Pd avverte che se non si trovano i responsabili si andrà a votare. Ma non affronta il tema dell’esperienza dell’alleanza di governo: l’alleanza Pd-M5S è di respiro lungo, oggi e dopo le elezioni, o no? Se lo è, non si capisce perché vuole andare al voto con il proporzionale, che mette in evidenza le differenze e le posizioni autonome per il dopo.

Ma, per l’oggi o per il dopo, si dovrebbe rispondere sulla direzione del paese sui grandi temi. Primo, la vaccinazione: prima o dopo il voto, avremo almeno 20 milioni di vaccinati? Secondo, il Recovery plan: oggi, non domani, c’è da presentare un piano approvato con la sua organizzazione, capacità di decisione e esecuzione. Come sarà fatto, da chi? Non se ne parla.

C’è un’altra questione che incombe sulla vita istituzionale del paese: se non ci sono soluzioni di largo respiro sui temi politici, economici e sociali, e se non si andrà al voto, come si affronterà il semestre bianco, che sarà un momento di caos politico, di impossibilità di soluzioni, di continui appelli al popolo per le elezioni? Ci troveremo in una situazione di ricatto di tutti contro tutti, perché tutti saranno al coperto dal rischio dello scioglimento anticipato delle camere.

Oggi il governo è diventato una squadra catturandi. Una squadra che ha due teste, una nel Pd con Goffredo Bettini e l’altra a palazzo Chigi con Giuseppe Conte. Se avrà successo, il semestre bianco sarà l’orgia dei catturati. L’unico punto istituzionale, che rappresenta la garanzia più alta di equilibrio repubblicano, sarà il presidente della Repubblica. Ma in quel frangente si troverà privato dello scettro, dell’arma di intervento decisiva, poter sciogliere le camere. La questione del voto per il capo dello stato, fra un anno, si pone comunque, con o senza voto. Come si arriva a quell’appuntamento: con questo parlamento o con uno nuovo dimezzato?

Un accordo non può che essere fra forze con orientamenti comuni, con buona pace dell’affermazione secondo cui non ci sono più le ideologie. Le ideologie ci sono: non ci sono più quelle totalizzanti del 900, ma il populismo è un’ideologia, il cambio del sistema costituzionale si basa su un’ideologia di tendenza diversa dalla partecipazione larga e democratica. Sfuggire alla profondità della politica significa immaginare schieramenti senza grandi forze in campo. Siamo alla frantumazione massima, sino all’ossimoro del populismo individualistico: ognuno ha il suo, non regge più neanche la tribù.

Chi chiede o prospetta il voto deve avere il coraggio di dire che non ce l’ha fatta nessuno: non la destra, non il centrosinistra, non ce la può fare il governo dei catturandi. Non si sfugge, il dopo elezioni deve partire da un atto di confessione: il sistema politico non ha retto, la nuova assemblea dovrà avere un carattere costituente, e per averlo serve una soluzione di carattere istituzionale nei programmi dei partiti, con l’impegno che con una rapida e unitaria decisione, con legge costituzionale, una camere abbia il potere di assemblea costituente e l’altra dia sostegno al governo di transizione.

Chiedere o indicare le elezioni con lo spirito di passare la nottata aggrava la situazione. Il ricorso al popolo, oggi o domani, è una soluzione di respiro democratico, ma i partiti hanno il dovere di dire oggi la loro proposta. Dire elezioni sì o no perché la catturandi non ce l’ha fatta è solo l’ennesima fuga dalla realtà.

© Riproduzione riservata