Vladimir Putin è riuscito nel miracolo di compattare le lacerate opinioni pubbliche occidentali sulle cui divisioni voleva probabilmente prosperare. Per ora non si registra la consueta polarizzazione che è apparsa la costante dello scenario politico degli ultimi anni.

Troppo palese la violazione del diritto internazionale, soprattutto troppo alto il rischio di una guerra in Europa che ci trascinerebbe tutti verso un baratro finora relegato ai libri di storia. Troppo alto il rischio di accusa di traditori della patria per quelle forze politiche che avevano strizzato l’occhio al Cremlino, anche avvalendosi di opachi circuiti di finanziamento.

Non si registrano alzate di dito nei confronti della nuova proclamazione di stato d’emergenza, cosa che fa anche capire quanto cavillose e pretestuose fossero le critiche emerse in questi ultimi mesi di pandemia. C’è, però, un dibattito in cui si evidenziano due posizioni: l’origine dell’attacco di oggi va cercato nell’espansione della Nato di ieri o ad una strategia russa di lungo corso?

Pena considerarla la mossa di un folle, alcuni sospettano che la riconquista dell’ex spazio sovietico fosse una priorità fin dalla presa del potere di Putin, nel lontano 1999. L’errore, se così fosse, sarebbe più che altro la tempistica.

L’archetipo Caino-Abele

L’archetipo del conflitto nella cultura occidentale è il racconto di Caino e Abele, narrato nel quarto capitolo della Genesi. La storia è nota, così come la sentenza pronunciata dal senso comune educato dai catechismi delle varie religioni: il colpevole è Caino.

La tradizione esegetica, a cominciare dalla ricchissima interpretazione midrashica, presenta, però, una lettura più fine. L’origine del conflitto è individuata in Gen. 4, 3-7, nella reazione di invidia e gelosia di Caino di fronte alla preferenza del Signore per i sacrifici di Abele. Ma, si chiede il commento, cosa aveva fatto Abele per evitare lo scontro? Quanto si era sforzato di avvicinarsi alle ragioni del fratello, che, ci spiegano, ne aveva parecchie? Risposta: non aveva fatto nulla.

Dalla tradizione interpretativa, Abele è definito «il muto» perché nell’intero Cap. 4 non si registra nemmeno una sua parola. Alcuni suggeriscono persino che suoi comportamenti provocatori abbiano accentuato la rabbia del fratello. Lo scontro, a questo punto, era inevitabile.

Sono gli argomenti che hanno spinto un interprete contemporaneo (John Byron, Cain and Abel in Text and Tradition: Jewish and Christian Interpretations of the First Sibling Rivalry, Brill, 2011) a parlare di una vera e propria campagna di diffamazione nell’àmbito dell’esegesi biblica nei confronti della figura di Caino.

Ma se a tutti è chiaro che la storia è molto più articolata di come appare a prima vista perché si è affermata l’immagine di Caino colpevole? Perché tutti i conflitti rispondono alla logica dell’azione/reazione, portandoci in una spirale in cui nessuno sa più chi ha iniziato.

Spirale magistralmente descritta da una poesia di Jorge-Louis Borges proprio dedicata al racconto della Genesi. C’è, però, un momento in cui il conflitto deflagra in un evento che crea una definitiva frattura fra le parti. Una lacerazione definitiva della relazione originaria. Si tratta di quello che noi definiamo un salto di qualità. A quel punto, devono attribuirsi delle responsabilità, che ricadono, con ragione, in chi si è assunto l’onere di questo passaggio di scala.

L’esclusione di Caino

Per ricomporre la frattura, Caino, protetto dal marchio che il Signore gli disegna sulla fronte, viene condannato all’isolamento, che deve essere momento di riflessione e di assunzione di responsabilità. Se compirà il suo percorso, verrà riammesso.

Cambiano le epoche, i contesti, i fatti, ma lo schema biblico è sempre valido. Inutile interrogarsi sull’origine del conflitto azionando dispositivi retorici che nutrono le rispettive azioni belliche, tanto dipenderà sempre da un’origine precedente. Il problema è che la mossa di Putin è stato un passaggio di scala. Un gesto di cui la Russia deve assumersi la responsabilità di fronte alla comunità internazionale.

L’isolamento che subisce, le sanzioni ricevute siano il momento di quella che l’ebraico chiama teshuvà. Termine tradotto con pentimento, ma che significa ritorno. Sì, perché, se espierà la colpa, Caino potrà tornare. Nel frattempo sarà preservato dal marchio affibbiatogli dalla comunità internazionale.

© Riproduzione riservata