Costruire comunità con la potenza della cultura

Rimettere la cultura al centro dello stare insieme presuppone il coraggio di ri-affermarne la potenza, senza compromessi e senza reticenze. Riflettendo su questa “scommessa”, con l’idea di ribadirla quale prospettiva programmatica del nostro agire, ho ripensato a una lezione sull’opera d’arte che Romano Guardini tenne nella Germania del 1947. Ho sentito l’esigenza di riproporla – edita da Morcelliana – dopo averne accompagnato la lettura con quella del dibattito su arte e cultura avutosi in seno all’Assemblea costituente. Tra i molti interventi che vi si tennero, mi è parso particolarmente significativo uno di Aldo Moro (estensore con Concetti Marchesi di quello che sarebbe stato l’art. 9 della nostra Costituzione) che indicava esplicitamente la cultura – insieme al lavoro, all’istruzione e alla sanità – tra i «fondamenti» dello stato sociale; «della Repubblica – continuava Moro – che andremo a costruire, una volta che abbiamo aperto le porte alla libertà». Krauss: «L’arte è politica, perché afferma la possibilità dell’espressione individuale» «Una forma che rivela» Il trinomio libertà/cultura/comunità, infatti, mi sembra un punto di vista ottimale da suggerire a chi vorrà ripercorrere queste poche pagine dedicate all’estetica (ma forse vi è di più) da un teologo che si interrogò costantemente sulla tensione indissolubile che lega Verità e Libertà. Secondo Guardini l’opera d’arte è «autenticamente» tale solo se è «una forma che rivela», in grado, cioè, di indagare la dimensione umana, ma soprattutto di «significare» il mondo che verrà. Il gesto artistico, anche prescindendo dal contenuto religioso della singola opera realizzata, come pure dallo scopo didattico o catechetico che ne possa aver determinato la committenza, è sempre atto profetico. In esso l’essenza più profonda della realtà rappresentata si fonde con la sensibilità e la genialità dell’uomo/artista, consentendo a chi guarda (più correttamente bisognerebbe dire a chi ne fa l’esperienza) di contemplare una forma di per sé assoluta che «riceve il suo senso vero e proprio solo da Dio». Così intesa l’arte non è più solo “un” linguaggio, ma diventa “il” linguaggio capace di svelarci noi stessi come partecipi di un tutto che già cammina verso una dimensione altra più autentica e perfetta. Ciò che nell’arte sperimentiamo è la nostra partecipazione a quel «Io faccio nuove tutte le cose» in cui si esplica l’opera della Salvezza. Un orizzonte già prossimo che l’Apocalisse disegna, appunto, con quel verbo greco (ποίέω: faccio) la cui radice – fa notare l’autore – non a caso è la stessa della parola poesia. Una fotografia che respira. Viaggio nell’arte di Mario Giacomelli Un compito «urgente» La dimensione escatologica che l’arte assume nel pensiero di Guardini non mi pare molto distante, se traslitterata sul piano laico dell’agire sociale, dalla prospettiva di fondamento – e aggiungerei di nutrimento – della libertà e della vita democratica che Moro riconosceva alla cultura in generale. Essa è, anzitutto, uno «strumento» per accrescere la conoscenza e la coesione dei cittadini, la loro consapevolezza di essere parte di una storia e titolari di un patrimonio di valori e di simboli «che ci ha reso e che ci renderà sempre liberi». Di una comunità, appunto. Nel pensiero dei Padri costituenti, la cultura e l’arte, come pure la ricerca e la tutela del patrimonio storico e artistico, sono formanti essenziali delle identità della Nazione nella misura in cui sono presidio dinamico di democrazia, progressivo perfezionamento della cittadinanza e inesauribile conquista della libertà. Per questo motivo è compito della Repubblica, ed in essa non solo delle Istituzioni, ma di tutti noi che a diverso titolo e in modi differenti partecipiamo del privilegio di occuparci di arte, di scienza e di cultura, promuoverne lo sviluppo. Un compito che non potrà mai dirsi esaurito nell’orizzonte della storia umana, perché preordinato all’affermazione della nostra libertà. Un compito «urgente», come dice Guardini a proposito della vocazione dell’artista, non solo nei termini di un suo essere necessario, ma anche in quelli di un suo essere prossimo. Anticipatore, cioè, di quella dimensione di giustizia e di pace che si esaurirà unicamente quando ciò che l’arte oggi ci fa solo intravedere sarà pienamente e universalmente compiuto. Credo che sia stimolante ripartire da qui – cogliendo la coincidenza di questo anno giubilare dedicato alla Speranza – per proporre a tutti un primo appuntamento di approfondimento. Un momento che ci permetta di fermarci un istante, accantonando per un attimo le discussioni quotidiane preordinate all’ottimizzazione e all’efficienza, e che ci consenta di tornare alla fonte per gustare nuovamente la cultura come dono reciproco di bellezza, profezia veritiera della nostra dignità. L’arte di raccontare sé stessi: Carla Lonzi e le immagini Questo testo è la prefazione scritta dal direttore di Federculture, Francesco Spano, al libro L’opera d’arte di Romano Guardini, riedito da Morcelliana appositamente per Federculture. Il volume verrà regalato a tutti i presenti durante l’evento di Federculture dal titolo Cultura è comunità che si svolgerà mercoledì 3 dicembre 2025 presso il palazzo Esposizioni a Roma. Cuore dell’appuntamento sarà la lectio magistralis del cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’educazione della Santa sede.