Non è sempre facile fare quello che va fatto, ad esempio informare tutte le persone con cui si è stati in contatto di essere risultati positivi al Covid-19. Rassicuro amici e colleghi: non è il mio caso ma quello di mia figlia, asintomatica, che per ragioni di lavoro non vedevo da giorni. Nel procedere alle chiamate di rito, poco a poco si manifestavano le conseguenze a catena di quel doveroso annuncio sulle vite di decine o persino centinaia di altre persone — per cominciare da un'intera classe di scuola materna, con relativi genitori e feste di famiglia già programmate.

Alcune misure sono scattate d’ufficio; altre dipendono dalla responsabilità dei singoli. Comunicando prontamente il risultato del test, abbiamo contribuito in qualche modo a rallentare il contagio, e indirettamente salvato se non un nonno intero perlomeno una percentuale di nonno. Abbiamo fatto il nostro dovere di cittadini in una guerra in cui ogni azione è infinitesimalmente giusta o infinitesimalmente sbagliata.

Una fonte di scocciature

Nello stesso tempo, abbiamo avuto l'impressione di essere considerati una gigantesca fonte di scocciature. Il che non è certo un incentivo alla trasparenza. Col senno di poi, era piuttosto improbabile che il nostro fosse davvero il primo caso di contagio in una scuola parigina dopo mesi di attività ininterrotta: semplicemente, nessuno testa i bambini e talvolta, come ho potuto appurare in un’occasione, i farmacisti inseriscono il tampone solo superficialmente nel naso.

Così ho iniziato a chiedermi se non sarebbe stato più corretto, nei confronti di tutte le persone direttamente coinvolte, metterci in quarantena senza creare allarmismi, come presumibilmente fanno gli altri. Entrando in questa logica di pensiero, essenzialmente mafiosa, mi sono chiesto se non fosse precisamente questo il tacito patto di omertà sul quale regge la società da molti mesi.

Tutti quanti ci siamo trovati a negoziare con le norme, ad allentare certe precauzioni quando erano troppo rigide, ed erano rigide proprio perché molti le allentano fin troppo.

Perché in ogni società coesistono diversi strati di norme, e inevitabilmente confliggono quelle che vengono dall'alto e quelle che vengono dal basso, quelle che servono a una collettività più ampia (o magari all'umanità intera) e quelle che soddisfano il gruppo sociale più ristretto: la famiglia, gli amici, il clan, il quartiere. Se in Europa è fallita la strategia del contact tracing, lo si deve sia all’assenza delle adeguate infrastrutture sia a resistenze che in altri tempi si sarebbero definite familiste e amorali.

Una responsabilità collettiva

Lo stesso comportamento sarà percepito come antisociale o sociale in funzione della scala che adottiamo. Come nei territori di mafia appunto, dove il legalismo appare innanzitutto come una gratuita scocciatura: un paradosso ben messo in scena dai comici Ficarra e Picone nel loro film del 2017 L’ora legale.

Eppure contro la pandemia dobbiamo prenderci una responsabilità nei confronti dell’intera società, e non soltanto della nostra cerchia ristretta. Anche a costo di essere percepiti come una scocciatura.

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