C'è un disastro ecologico in corso nel Mediterraneo orientale, nelle acque tra la Siria, la Turchia e Cipro del Nord, in una delle aree più geopoliticamente complesse del mondo, con tutti i problemi operativi che ne conseguono.

Tutto è nato a causa di un guasto al serbatoio di una centrale termica e raffineria a Baniyas, nella Siria nord-occidentale: 15mila metri cubi di carburante sono finiti in mare, a oggi hanno creato una marea nera con una superficie di 800 chilometri quadrati, in viaggio verso le coste della Turchia e di Cipro, la parte separata dal Sud nel 1974 e politicamente riconosciuta e sostenuta soltanto dalla Turchia.

L'onda di carburante siriano ha viaggiato per giorni verso l'incontaminata la penisola di Karpaz, il suo percorso è soggetto all'andamento di venti e correnti, ed è stato monitorato per tutta la settimana: la situazione sembrava inizialmente catastrofica per Cipro del Nord, a metà della settimana però i venti hanno girato allontanando l'enorme macchia di carburante dalla costa: i danni per l'ecosistema marino rimangono, soprattutto ora che il carburante rischia di disperdersi e affondare.

Baniyas e la penisola di Karpaz distano circa 130 chilometri, la situazione, dopo le prime notizie del disastro e quando le immagini satellitari hanno mostrato che le dimensioni del danno erano ben superiori a quanto attestato nelle notizie ufficiali fornite dal governo siriano, era sembrata subito una corsa contro il tempo, nella quale le principali speranze erano affidate al vento più che alla capacità umana di arginare il problema.

In ogni caso, il governo di Ankara aveva inviato due navi in soccorso per iniziare a raccogliere questa enorme perdita, mentre a Cipro del Nord hanno costruito una barriera per proteggere la costa e le spiagge.

Intanto la situazione in Siria è già disastrosa, le voci raccolte dalla Cnn  raccontano che il danno è superiore alle forze del paese in questo momento storico.

«Non puoi pulire il mare con delle spugne», ha detto un testimone. Secondo il Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea, quasi la metà di questa massa di carburante (circa il 44 per cento) è finito sul tratto di costa siriana tra Baniyas e Jableh, a nord della raffineria.

È la seconda marea nera che nel 2021 colpisce quest'area del Mediterraneo orientale, dopo quella che si è sviluppata per una perdita di greggio al largo della costa di Israele a febbraio scorso e che ha creato ingenti danni ecologici sulle coste di Gaza, di Israele e del Libano.

In quel caso la marea nera era stata causata dalla perdita della petroliera Emerald in viaggio tra l'Iran e la Siria. Le due storie sono un ulteriore campanello d'allarme sui rischi di progetti di sviluppo e sfruttamento petrolifero in un bacino chiuso come il Mediterraneo, soprattutto quando le infrastrutture (come la petroliera o la centrale siriana) sono obsolete e ricevono poca manutenzione per i motivi più diversi.

La centrale siriana di Baniyas è il principale sito produttivo siriano di carburanti ed è uscita in condizioni disastrose dai lunghi anni della guerra.

Anche se la costa di Cipro del Nord non sarà colpita, potrebbero volerci almeno tre mesi solo per valutare la portata dell'impatto di questa nuova perdita nel Mediterraneo, i cui effetti sull'ecosistema marino potrebbero essere avvertiti per almeno quindici anni.

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