L’articolo di Walter Siti di qualche giorno fa su Domani ha cercato di ricalibrare il dibattito sull’egemonia culturale. Siti giustamente sottolinea che l’egemonia culturale di sinistra, anche quando florida in pratica e in teoria, si doveva confrontare con una cultura diffusa di marca democristiana che rappresentava trasversalmente larghe fasce di popolazione.

Di fronte agli annacquamenti e ai malintesi dell’elaborazione di sinistra, la destra ora farebbe bene ad affrontare i veri nodi del presente e del futuro (su tutti il governo della tecnologia).

A partire dall’articolo di Siti, ho sostenuto che negli ultimi decenni l’egemonia della sinistra è diventata un mito di cui la destra si lamenta, nonostante la sinistra non abbia fatto molto per aggiornarlo. Il vittimismo di destra ha in realtà nascosto una realtà ben diversa: su molte questioni cruciali la destra è diventata egemone a livello di credenze e percezioni collettive.

Pur essendo meno presente in alcune sfere di produzione culturale, la cultura materiale del paese si è spostata molto a destra: la percezione dell’immigrazione come causa della criminalità, l’accettazione della disuguaglianza, l’idea che la situazione di una persona sia espressione del suo merito, la denuncia del politicamente corretto.

Tutte questioni su cui la destra ha coagulato paure o creato sensazioni largamente distorte: l’immigrazione è in discesa da anni, così come la criminalità, la disuguaglianza crescente ha creato ingiustizie e rendite ormai inaccettabili, il politicamente corretto è ben lungi dal dominare la società italiana.

Per capire la realtà del successo della cultura di destra in questi ambiti bisogna chiarire chi sono i soggetti dell’egemonia. Contrariamente alle denunce vittimistiche della destra che si lamenta di non comparire in certi circoli (letterari, cinematografici), essa è ben presente nel giornalismo, nella televisione, nella comunicazione, ovvero in tutte quelle professioni che producono un gran pezzo della cultura di massa. Infatti, non si deve pensare alla cultura come solo il prodotto di un’élite intellettuale ristretta, bensì come un conglomerato di attività e soggetti molto diversi che producono idee, sentimenti e valori su più livelli.

La controegemonia

Quindi, se vogliamo prendere sul serio il desiderio di contro-egemonia culturale della destra dobbiamo partire da due constatazioni: la presunta egemonia di sinistra è frutto del retaggio del passato o delle denunce vittimistiche della destra, e in certi ambiti la cultura di destra è già egemone, ma senza esprimere un modello culturale positivo, cioè soltanto rigettando idee progressiste. Ma per durare politicamente ogni classe politica al governo ha bisogno di un insieme di idee e valori che ne definiscano la prassi e le aspirazioni.

Qualcosa che sia sufficientemente radicato nella realtà ma anche che proietti le ambizioni verso il meglio. Si è lungamente denunciata la carenza a sinistra di slancio progettuale, ma non si può non riconoscere che almeno a sinistra si è sentita questa mancanza e i tentativi di elaborazione sono stati criticati o rigettati. Invece a destra, tutto questo non c’è stato negli ultimi trent’anni.

La cosiddetta rivoluzione liberale tanto annunciata da Berlusconi è servita solo a riempire gli articoli di fondo del Corriere della sera pur essendo sconfessata da qualsiasi azione di Berlusconi.

Berlusconi invece è stata la pietra tombale per l’elaborazione di una cultura politica di destra: ha mostrato come si fa a vincere e governare con un uso puramente strumentale delle idee e della cultura. In generale, si sa che gli attori politici predicano bene e razzolano male.

Ma la distanza tra valori e realtà non può superare una certa soglia, pena la perdita di credibilità anche di fronte ai propri sostenitori. Invece il governo spregiudicato del sistema berlusconiano ha potuto far credere a larghe parti della popolazione di non dover rispettare un minimo standard di coerenza e di cultura politica poiché aveva convinto molti che i problemi fossero altri o che comunque il governo di Berlusconi avrebbe avvantaggiato tutti.

Ragionare di principio

Il risultato è una destra italiana strutturalmente incapace di ragionare di principio: i valori servono solo per bastonare gli oppositori, la propria parte va difesa anche se indifendibile, gli interessi propri vengono sempre prima dei principi.

Questo insieme di attitudini e pratiche non è nemmeno l’anticamera di un’ideologia ed è uno stadio ancora più primordiale della fisiologica ipocrisia di chi è al potere. È invece pura logica di clan che tratta idee e principi come clave contro gli altri, o come carta igienica al proprio servizio.

Se la destra volesse pensare all’egemonia culturale dovrebbe innanzitutto pensare a ragionare di principio. Solo allora si potranno prendere sul serio eventuali proposte di idee e valori. Tutto ci fa pensare, però, che non arriveranno a farlo poiché sono ben lontani dal percepirne il bisogno.

Tutti concentrati nell’occupazione del potere, Fratelli d’Italia farà le stesse cose di Forza Italia e Lega: vittimismo dei potenti, indifferenza alla coerenza, difesa degli interessi del proprio gruppo di potere.

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