Ci sono momenti nella nostra biografia, personale e collettiva, nei quali l’unico modo per affrontare drammi che sembrano insuperabili è provare a impostare un futuro migliore. Il progetto di questo giornale è nato in uno di quei momenti, nel pieno di una pandemia globale.

Si chiama Domani perché invece di raccontare soltanto cosa è successo ieri, come i giornali di un tempo, ha l’ambizione di costruire insieme ai suoi lettori un destino differente da quello prodotto dalla somma di scelte ed errori passati. Il futuro oggi è da costruire. Dal peso del debito pubblico alle dinamiche della globalizzazione alla velocità della crisi climatica: tutto ciò che un anno fa sembrava inevitabile ora è imprevedibile.

Venticinque anni di politica populista ci hanno illuso che problemi complessi avessero soluzioni semplici, che soltanto minoranze ostili (i magistrati, la casta, i burocrati, gli immigrati) impedissero di governare negli interessi del “popolo”. Il virus e la recessione ci hanno ricordato che la ricerca di un capro espiatorio aiuta nei sondaggi, non a ottenere risultati.

Dopo la fase della semplificazione, degli slogan urlati e delle promesse a debito, adesso è il momento della partecipazione: per ricostruire il paese c’è bisogno del contributo di tutti. Il nostro è fare un giornale che permetta a chi ha idee di contribuire e costringa chi è al potere a rendere conto delle decisioni che prende.

I giornali imparziali non esistono, quelli onesti dichiarano le proprie preferenze. Domani difenderà le ragioni della democrazia liberale, nella quale decide la maggioranza ma nel rispetto dei diritti di tutte le minoranze. La storia della democrazia liberale si intreccia a quella del libero mercato, che in Italia viene sempre limitato e distorto per difendere rendite e privilegi, di solito a spese dei contribuenti, mentre la nostra priorità saranno le disuguaglianze.

La disuguaglianza non è soltanto di redditi e patrimoni, ma anche e soprattutto di opportunità, nella vita privata e in quella pubblica. Il declino italiano é accelerato dall’aver sottratto opportunità a interi gruppi sociali: le donne, i giovani, la nostra classe dirigente all’estero, gli italiani colpevoli solo di avere genitori arrivati da un altro paese e una pelle non bianca, chi è nato in famiglie prive dei mezzi per riempire i vuoti lasciati dallo stato. Domani vuole offrire loro voce, ruolo e spazio in questa Italia da ricostruire.

La più profonda delle forme di disuguaglianza è quella che riguarda l’ambiente e che delinea destini cupi per generazioni, città, paesi e settori industriali. La crisi climatica è in corso, indietro non si torna, i piccoli gesti aiutano ma sono inutili senza politiche pubbliche all’altezza della sfida. Con questa consapevolezza, l’ambiente sarà al centro delle nostre inchieste e analisi.

Per essere credibile, un giornale deve essere indipendente. Domani nasce dall’iniziativa di Carlo De Benedetti, lontano da tempo da ogni interesse imprenditoriale, che ha finanziato la società editoriale. Dopo la fase di avvio, le azioni passeranno a una fondazione che garantirà risorse e autonomia. L’obiettivo unico dell’azienda (e della fondazione) è realizzare questo giornale.

Non si tratta però di un progetto filantropico: i giornali esistono se hanno lettori che li comprano in edicola e che si abbonano on line. Avremo anche la pubblicità, ma noi abbiamo scelto di dipendere dai lettori per essere liberi di fare inchieste e prendere posizioni, senza condizionamenti.

Domani inizia oggi.

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