Il governo questa volta ha fatto la sua parte, adesso dobbiamo farla noi. Anche l’ultimo Dpcm approvato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte condivide gli stessi difetti dei precedenti: non è stato discusso con nessuno e non si capisce su quali dati scientifici è basato, ci sono una serie di assurdità ben elencate da Vitalba Azzollini su queste pagine (limiti a spostamenti tra comuni a prescindere dalla dimensione, cene al ristorante vietate e pranzi consentiti... ).

Ma il senso è chiaro: bisogna evitare il più possibile i contatti con amici e parenti durante le feste di Natale o ci sarà un’altra strage, evitabile come era evitabile quella d’autunno.

Come ha detto Conte, però, anche in una situazione di emergenza il governo deve darsi dei limiti.

Chi ha a cuore lo stato di diritto già guarda con sospetto l’eccessiva presenza di divise nelle strade, non si può neanche ipotizzare che carabinieri e agenti di polizia suonare ai citofoni la sera della vigilia per verificare con chi si stanno scambiando i regali. 

Il governo ha sbagliato tantissimo in questi mesi, ma l’approccio al Natale è sensato. Però le misure del Dpcm funzioneranno soltanto con un po’ di disciplina da parte nostra. Appena pubblicato il testo, subito gli italiani hanno dimostrato di non essere da meglio della loro classe dirigente: hanno iniziato a prenotare biglietti aerei e ferroviari, a studiare autocertificazioni, a pianificare trasferte prima del 21 dicembre in modo da poter poi tornare con calma verso la residenza o il domicilio anche dopo il blocco. 

Le regole del Dpcm permettono infatti l’esodo natalizio, anche se con il vincolo che l’andata deve avvenire entro il 21. Era possibile mettere limiti ancora più severi? Certo, ma il governo già si è spinto molto avanti nel perimetrare la nostra vita privata (ha anche cancellato Capodanno) e ha lasciato a noi la decisione ultima di stabilire quanto vogliamo sacrificare della nostra già martoriata socialità familiare in nome della protezione di sconosciuti a cui potremmo salvare la vita rinunciando agli spostamenti evitabili. 

Uno studio di Marco Vinceti e coautori pubblicato su Lancet a luglio ha stimato gli effetti dei lockdown progressivi di primavera in alcune regioni del Nord, usando i dati (anonimizzati) dei cellulari per tracciare gli spostamenti. Hanno scoperto che dopo il blocco degli spostamenti passavano tra i 9 e i 14 giorni prima che si arrivasse al picco dei contagi rilevati, perché ormai sappiamo che tra tempi di incubazione e monitoraggio i dati sono chiari con un certo ritardo.

Oggi la pandemia sta rallentando, l’indice di diffusione Rt è sotto 1, ma se ci sarà una corsa ai regali, allo shopping e alle visite ai parenti nelle prossime due settimane, vedremo una nuova impennata dei contagi per tutte le ultime due settimane dell’anno e a inizio 2021.

Abbiamo oltre 800 morti al giorno, non ce lo possiamo proprio permettere, anche perché il governo - in questo perseverando nella responsabilità - non ha migliorato di una virgola il sistema di tracciamento dell’infezione. 

Molti hanno valide ragioni per muoversi, ognuno farà il proprio personale bilanciamento - è peggio lasciare solo un anziano o un malato nei giorni di festa oppure rischiare di contagiarlo e di diffondere il virus a sconosciuti? - ma in questa fase davvero tocca anche un po’ a noi. Conte, i suoi ministri e i presidenti di regione hanno le loro responsabilità, ma dobbiamo riconoscere la nostra quota.

© Riproduzione riservata