Nei decenni dello svuotamento della vita democratica del paese, consideriamo le crisi che stiamo attraversando come se fossero crisi politiche e di governo. Questa non lo è.

I governi nati in questa legislatura nascono da maggioranze parlamentari antipolitiche e antiparlamentari. Populiste, in una parola. Quest'ultimo governo è nato perché si è rifiutato lo scioglimento della legislatura. Eppure c'era una ormai evidente divaricazione fra la realtà rappresentativa e la realtà popolare del paese. Ma le più alte istituzioni non l’hanno voluta vedere. Il governo Draghi è stata la soluzione provvisoria per rinviare il giudizio elettorale. È costituito da un terzo di tecnici, un terzo di populisti, un terzo di politici residuali tradizionalisti.

Sbagliando, viene definito di unità nazionale, come ha fatto Draghi nella lettera delle dimissioni. Ma un governo di unità nazionale è altra cosa, lo abbiamo avuto solo nel dopoguerra dal ‘44 al ‘47, quando i governi sostenuti da un consenso popolare dovevano compiere la grande transizione da un sistema monarchico-fascista a un sistema istituzionale voluto democraticamente dal popolo, democratico, repubblicano, parlamentare.

Oggi siamo immersi nella grande crisi dell'istituto parlamentare, che è il centro che mantiene in equilibrio i poteri dello stato e le sue garanzie, il centro del consenso e della partecipazione del popolo alle istituzioni. Ma da tempo il canale di alimentazione democratica e partecipazione è ostruito dall’alto. Eppure le istituzioni o le difende il popolo perché le sente proprie, o deperiscono. Non esistono istituzioni garantite da illuminati, da tecnici, da padreterni vari.

Mercoledì al parlamento verrà detto che è in corso una crisi di governo, e che a certe condizioni l’esperienza si può o non si può ripetere e rinnovare. Invece la crisi istituzionale è profonda. Ma il parlamento è in condizione di prendere la coscienza che la crisi è dentro sé stesso, insomma che la malattia sono loro? Non serve un escamotage per guadagnare mesi di sopravvivenza, e non basta dire cosa fare per sostenere l'economia e i bisogni del paese da qui alle prossime elezioni. Si tratta di capire se c'è la possibilità di rianimare le istituzioni.

Una prima scadenza c'è: il 18 e il 19 settembre il presidente della Repubblica ha convocato le elezioni per il Consiglio superiore della magistratura.

Nel Csm i due terzi saranno eletti dai magistrati e un terzo dai parlamentari. La Costituzione dice che per eleggere i componenti del parlamento in seduta comune bisogna raggiungere i tre quinti, cioè un quorum superiore anche a quello necessario per eleggere il presidente della Repubblica. Il parlamento è in condizione di farsi suggerire una rosa di nomi dalla platea dei professori delle università e degli avvocati anziché sceglierli lottizzandoli per raggiungere il quorum?

Mercoledì il presidente della Repubblica ha chiesto che si ascolti il governo. Che paradossalmente dovrà porre solo il problema della crisi politica nella quale si è trovato. Ma quando il presidente della Repubblica ha fatto un comunicato per dire che concorda con le valutazioni del presidente del Consiglio, vuol dire che concorda sulla valutazione della impossibilità politica che Draghi ha constatato.

Il parlamento dal canto suo è in condizione di compiere un gesto sovrano di autocritica sulla sua debolezza e sostanziale incapacità? E le alte istituzioni continueranno a far finta di non vedere la crisi istituzionale?

Questo governo entra in crisi perché è stato troppo alimentato, una bulimia di fiducie, 53 in 17 mesi. Il presidente del consiglio compia un atto doveroso: dica che la crisi non è di incapacità sua e dei suoi ministri, non è una debolezza provvisoria, ma istituzionale. Non c’è che la via delle urne, e l'opinione pubblica deve essere messa nella consapevolezza di decidere se vuole ancora difendere le istituzioni repubblicane. La questione va posta drammaticamente al paese.

Mercoledì si aprirà una riflessione sulla crisi istituzionale o si ricomincia da dove si è partiti, e ascolteremo il blablablà degli esponenti dei partiti di maggioranza?

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