Chi semina vento raccoglie tempesta, recita un vecchio adagio adatto per spiegare perché non vanno sottovalutate le presenze neofasciste e criminali nelle manifestazioni di protesta anti lockdown. È vero che Forza Nuova, CasaPound e negazionisti vari non rappresentano al momento una forza politica destinata a ottenere seggi in parlamento, non riempiono le piazze reali ma solo quelle virtuali.

La funzione degli agitatori neri è un’altra. Sono utili ai partiti dell’estrema destra che siede in parlamento, i nazionalisti (oggi sovranisti) guidati da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. I due leader raccolgono la tempesta frutto del vento seminato dalla manovalanza. In fisica si chiama principio dei vasi comunicanti. Non è un fenomeno nuovo.

Laboratorio Reggio

Per trovare le prime tracce è necessario fare un passo indietro a luglio di cinquant’anni fa e ricordare i moti di Reggio Calabria. Nel 1970 con l’istituzione delle regioni, il capoluogo diventa Catanzaro. Reggio, che nel 1908 aveva vissuto la tragedie del terremoto, si sente tradita. Oltre a questo, però, cova una rabbia sociale frutto dell’abbandono, della povertà, della sensazione che lo stato era comunque un’entità distante e indifferente ai bisogni del popolo.

Il popolo, appunto, e il suo malessere. Due fattori che non sono direttamente traducibili in consenso e voti. Perché diventino forza elettorale vanno ascoltati, diretti, governati. E lo si può fare in due modi: provando a spiegare e semplificare la complessità delle cose e dei cambiamenti in atto, oppure riducendo tutto a slogan e motti populisti che producono la guerra tra poveri.

A Reggio Calabria nel 1970 la protesta popolare è lasciata alla destra reazionaria e neofascista dei Boia chi molla, destinati a guidare la rivolta in qualcosa di più oscuro, alla quale prenderanno parte giovani rampolli della ‘ndrangheta, terroristi dei vari gruppuscoli dell’eversione nera e altre figure dal profilo inquietante. Si verificano atti eversivi, deflagrano bombe: sullo sfondo la strategia della tensione, diranno i processi e i pentiti dei clan.

Il Pci, i socialisti, la Cgil diventano bersagli di attentati e raid punitivi. La sinistra aveva lasciato ai fascisti le rivendicazioni del popolo. Un errore storico, che però si ripete oggi.

A crescere alle elezioni politiche del 1972 fu il Movimento sociale di Giorgio Almirante. I voti non andarono alle bande nere extraparlamentari, il vento seminato dalla manovalanza era stato raccolto e trasformato in tempesta dalla destra reazionaria parlamentare. Reggio Calabria è stato il laboratorio di questo esperimento.

L’allarme inascoltato

Le rivolte di Napoli nascono dai bisogni e dalla rabbia per la crisi economica del settore del commercio fortemente colpito dalla pandemia. L’estrema destra ha messo il cappello, sfruttando giovanotti della criminalità di piccolo cabotaggio.

La sinistra era assente, come molte volte negli ultimi anni. Pensiamo alle periferie romane. Ai blitz neofascisti per cacciare gli immigrati dalle case popolari. Quelle azioni hanno giovato in termini di voti non a Forza Nuova o a CasaPound, ma a Salvini e a Meloni, che hanno incassato il malcontento delle periferie abbandonate dalla sinistra.

Ad aprile marzo cinque procure, il capo della polizia e una dozzina di investigatori avevano segnalato il rischio di un autunno nero di proteste: ultras e neofascisti, dicevano, stavano organizzano il caos. Il governo doveva essere pronto. Non lo è stato. Sabato notte in piazza del Popolo c’era il capo romano di Forza Nuova, condannato a cinque anni per aver picchiato un cronista, libero di sparare bombe carta e caricare la polizia.

Blocco navale, no ius soli, prima gli italiani, famiglia tradizionale, sovranità, élites corrotte, no euro. Chi lo dice? Roberto Fiore, leader dei fascisti di Forza Nuova, o Matteo Salvini? Entrambi. Solo che il primo si sporca le mani seminando vento, il secondo raccoglie la tempesta e la trasforma in consenso. Con una sinistra smarrita, incapace di occupare spazi perifierici dove monta la rabbia degli ultimi.

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