Il problema non è generico, non è solo dominio e sopraffazione. La soluzione non può essere soltanto l’educazione affettiva, sessuale, o quale che sia, a scuola. Il problema è diffuso, collettivo, presente ovunque. La soluzione è in capo soprattutto a noi padri
La cosa che fa più male sono le foto. Le foto di lei, Martina Carbonaro, di Afragola, 14 anni, probabilmente uccisa dall’ex fidanzato, Alessio Tucci, 18 anni. Ancora un altro femminicidio. Uccisa a sassate. La foto di lei, e la foto di lui. Sono foto molto simili a quelle di altre e altri. Gli altri e le altre persone di quest’età, che stanno attorno a tutti noi che siamo genitori, professori, adulti.
Ci stanno attorno e navigano in un gorgo dove le cose antiche della vita umana – gli affetti, le amicizie, i primi amori –, le cose che dovrebbero essere l’essenza della crescita, della forma umana di vita assumono invece sempre di più una piega terribile e orrenda. Una piega dove giganteggia una sola piaga, una sola debolezza: la debolezza dei maschi nell’affrontare la libertà femminile.
La seconda cosa che fa paura e male sono le parole immediate del ministro Giuseppe Valditara, su X, parole dove si parla di «barbaro assassinio», si deplora che sia stata colpita a morte «un’adolescente indifesa, una giovane che rivendicava il proprio diritto alla libertà», si invita a sradicare dalla società «una mentalità di dominio e di possesso», si promette che «la scuola continuerà a lavorare per affermare la cultura del rispetto attraverso l’educazione e relazioni corrette e sane e contrastando ogni forma di prevaricazione e di violenza».
Tutto giusto e condivisibile. Tranne che manca in questo messaggio un accenno al fatto che la violenza viene da un uomo e si abbatte su una donna. La presunzione d’innocenza è doverosa, anche di fronte a una confessione. Ma il problema rimane e la vittima si rispetta anche nominandolo con chiarezza.
La terza cosa dolorosa è pensare ai genitori, di lei e di lui. A quello che pensano, a quello che non hanno pensato, a quello che non dovrebbero pensare. Alla facile via della vendetta, allo smarrimento per non aver capito, alla voglia di chiudersi e pensare che tutto questo non può riguardarci, non può essere parte del piccolo mondo protetto della nostra bella famiglia, del piccolo uomo o della piccola donna che abbiamo cresciuto o stiamo crescendo.
La vera emergenza è questa. Il problema non è generico, non è solo dominio e sopraffazione. La soluzione non può essere soltanto l’educazione affettiva, sessuale, o quale che sia, a scuola. Il problema è diffuso, collettivo, presente ovunque. La soluzione è in capo soprattutto a noi padri.
Lo spartiacque
Stiamo superando uno spartiacque. Non è solo questione di numeri, di battaglie sulla statistica (per quanto i numeri contino e la loro verità sia una sola: i femminicidi non calano). È questione di segni e di simboli. Usare i sassi per uccidere una donna è lapidazione. È la punizione dei regimi antropologici e religiosi che della subordinazione e del controllo della donna e della sua sessualità hanno fatto regola ferrea e fondamento di tutta la morale.
A questo non si può reagire soltanto con ore in più a scuola (ma bisogna fare anche questo, e al più presto). Non si può rispondere solo con testimonianze, cerimonie, centri studi. Ci vuole un salto di qualità vero, ci vuole un’assunzione di responsabilità reale, concreta e scomoda.
Tutti i padri, tutti gli educatori, tutti gli amici, tutti gli uomini hanno il dovere immediato, qui e ora, di capire come superare il loro personale senso di abbandono, la loro personale voglia di controllo delle donne importanti per loro e aiutare tutti gli altri uomini che possono raggiungere.
Non è più tempo soltanto di autocoscienza fra uomini illuminati, di blog o podcast, di distinguo. Lo sentite il senso di colpa, l’irritazione che vi viene a leggere queste parole, se pensate che sia una chiamata in correità? Bene, lo è. E da lì si deve partire.
Siamo complici, anche noi avremo lanciato quelle pietre, se non faremo subito quello che è in nostro potere in ogni ambito della nostra vita per evitare che cose del genere accadano ancora.
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