Nel quadro d'una serie di proposte “di servizio” ai partiti impegnati in campagna elettorale, Domani ha pubblicato una proposta di Francesca Biondi sul finanziamento della politica. È dal 2013 che i partiti non ricevono più i mezzi necessari al loro lavoro; produrre proposte politiche e modi per attuarle in concreto, da sottoporre poi al voto.

Da allora essi ricevono il 2 per mille sui redditi di chi decide di devolverli a loro, nonché, entro dati limiti, donazioni detraibili al 26 per cento.

Il precedente finanziamento pubblico fu allora abolito soprattutto per la spinta dei tanti scandali sul loro utilizzo errato o truffaldino; fra questi svettavano i 49 milioni sifonati via dal clan Bossi, che la vecchia Lega Nord, trasformata in bad company politica, restituirà ai nostri pronipoti in comode rate fino alla soglia del ventiduesimo secolo.

Così il furore anti-casta s'è placato, ma la situazione è peggiorata. Dai 91 milioni del 2013, ultimo anno pre-riforma i partiti sono precipitati ai 19 milioni del due per mille dell'anno scorso. Impossibilitati a lavorare bene, essi troppo dipendono dalle grosse donazioni, o dai gruppi parlamentari che ricevono circa 50 milioni l'anno dalle Camere.

Viste le prevedibili opposizioni a riaprire il tema, Biondi propone che dal bilancio pubblico arrivino soldi non superiori a quelli raccolti dai partiti fra i privati, come previsto da una legge del 2012 mai entrata in funzione.

Ciò incentiverebbe i partiti a radicarsi di più nella società, riducendo il ricorso a fondazioni più o meno fittizie.

Biondi amplia infine il discorso alla necessità di ulteriori misure accessorie al finanziamento dei partiti, che i tempi stretti del presente dibattito elettorale costringeranno a rinviare alla prossima legislatura.

Questa dovrà affrontare, oltre a tali ulteriori aspetti, la patata bollente, ignorata dal 1948, dell'art. 49 della Costituzione, per il quale «i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

La legge che manca 

Tale ampia, ma precisa, cornice costituzionale è tuttora priva d'una tela legislativa e una legge sul funzionamento dei partiti è ormai indifferibile, a causa soprattutto del deterioramento indotto dalle troppo mutevoli leggi elettorali.

Quella vigente, detta Rosatellum dal nome del relatore, Ettore Rosato, assegna un terzo dei seggi ai collegi uninominali, dove passa una candidatura, quella che ha ottenuto un voto più delle altre.

Non per questo essa è pessima – l'ottima legge Mattarella, sciaguratamente abolita dal Porcellum, assegnava il 75 per cento di seggi con l'uninominale - ma perché essa nega potere agli elettori.

Spetta da sempre ai partiti fare le liste, ma col Rosatellum essi possono prevedere con buona approssimazione in quali collegi i loro parlamentari saranno eletti, e in che numero.

Si sono così appropriati, nei fatti, d'una funzione essenziale in democrazia, sottraendola in buona parte alla scelta degli elettori.

Un potere così vasto è esercitato da formazioni che non rispettano il requisito costituzionale del metodo democratico. Una volta private dei mezzi necessari, esse tendono a divenire vascelli, spesso corsari, a servizio della persona che li guida, contornata da nuclei di fedelissimi che trovano nel circuito della politica impropria retribuzione.

Da tale situazione scaturisce la proposta di Biondi. Servono più soldi pubblici, ma ciò impone subito responsabilità, trasparenza e reale democrazia.

L’esempio tedesco

La prossima legislatura dovrà seguire l'esempio tedesco, varando anche una legge che regolamenti la vita dei partiti; servono requisiti seri sulla loro organizzazione e funzionamento, sulla registrazione per accedere ai finanziamenti, sulle iscrizioni, sull'elezione dei vertici, su come si spendono i soldi ricevuti etc.

Il tutto va assoggettato a controlli seri, affidati anche a soggetti esterni al circuito chiuso della politica, troppo condizionabile; quelli giudiziari verranno in seconda battuta. Lo impone se non altro il continuo aumento dell'astensionismo.

Il finanziamento dei partiti va ripristinato al più presto partendo dalla proposta Biondi, ma nella prossima legislatura il grande nodo del funzionamento dei partiti andrà sciolto con determinazione.

Funzioni così essenziali non possono più sfuggire ad un serio vaglio, e svolgersi ignorando forma e sostanza del metodo democratico che ci è imposto dalla Costituzione.

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