È probabile che la questione più controversa nel summit del G20, che si terrà sabato e domenica a Roma, con la presidenza italiana, riguarderà le politiche per contenere la temperatura della terra e il deterioramento del clima.

I principali Paesi, da quelli europei agli Stati Uniti, all’India e alla Cina, hanno posizioni molto divergenti. Tentare di avvicinarle richiederà acrobatici scontri sul futuribile, anche perché si tratta di discutere su provvedimenti da prendere subito ma che avranno effetti fra decenni.

Su questo e altri fronti controversi vedremo i risultati dal clima diplomatico della due-giorni di Roma e dalle sfumature del comunicato finale. 

Dietro i leader

Ma il G20 non è solo il summit finale dei capi di Stato e di governo e il loro comunicato. È stato, come e più di altri anni, un anno di intensa collaborazione per politici, diplomatici e tecnici, catalizzata anche dall’urgenza del dramma pandemico.

Numerosi gruppi di lavoro, più di 160 incontri (limitandosi al calendario ufficiale) virtuali o in presenza, molti documenti e comunicati, le proposte dei gruppi di supporto al concerto dei governi: i gruppi dei think tank, dei rappresentanti delle imprese, dei sindacati, delle associazioni giovanili, delle città, di chi si occupa di problemi di genere, della società civile e delle accademie scientifiche dei Paesi del G20.

Un’agenda di temi trattati dai vari tipi di ministeri (dagli esteri all’agricoltura, dalle finanze alla sanità, dall’educazione al commercio, al lavoro, al turismo) in riunioni separate, incontri di collegamento, interazioni con organizzazioni internazionali, in particolare Ocse e Fmi.

Alcuni accordi, cronoprogrammi e provvedimenti sono stati già varati: come quelli sulle politiche per la produzione e distribuzione dei vaccini e, in materia economica, quelli sulla tassazione delle multinazionali, l’emissione di nuova liquidità internazionale, il rinvio del servizio del debito dei paesi più poveri.

Altri saranno finalizzati o avviati nel vertice di sabato e domenica. Un fitto intreccio di diplomazie che lascerà il segno, preziosa sfida alle difficoltà della cooperazione multilaterale.

Beni pubblici globali 

Fra i tratti distintivi del G20 di quest’anno, presieduto dall’Italia, vi è il ruolo dei ministri finanziari. Il loro lavoro è stato più del solito un collante per gli altri gruppi ministeriali, occupandosi dei risvolti economico-finanziari dei vari temi in agenda per migliorarne coerenza e fattibilità. Importantissimo è il tentativo di istituzionalizzare il collegamento fra i ministri delle finanze e quelli della sanità, fra le organizzazioni economiche internazionali e l’Oms, con una governance che assicuri continuità fra le iniziative sanitarie e le loro implicazioni finanziarie.

Fa ben sperare il fatto che proprio oggi, il giorno prima del vertice finale, ne sia convocato uno innovativo e congiunto dei due gruppi di ministri. 
Più netta che nei passati G20 è stata la concentrazione dei lavori sui beni pubblici globali per i quali cooperare è indispensabile: è emersa nitidamente la multilateralità delle agende non solo della sanità e del clima, ma dell’energia, delle infrastrutture, della stabilità finanziaria e quindi del trattamento dei debiti dei Paesi più poveri.

Si è inoltre sottolineato di più il collegamento fra i vari beni globali. Salute dell’uomo, di piante, animali, terre e acque: tutto è connesso e merita attenzione congiunta, insieme all’equità del benessere, alla sostenibilità e alla trasparenza della finanza, alla limitatezza di alcune risorse, alla conservazione della biodiversità, all’efficienza delle infrastrutture per la circolazione di persone, merci, monete e informazioni. Il concetto di interdipendenza di Paesi e problemi non è mai stato così in chiaro.

Purtroppo, avvertire meglio globalità e interconnessioni dei problemi non significa risolverli, ma aiuta a evitare piani troppo settoriali e appelli a sproposito agli “interessi nazionali”. 

Cosa manca

Il G20 ha mostrato anche difetti e carenze. Insufficiente, ad esempio, è stato lo sforzo di concertazione delle politiche macroeconomiche. Si è badato soprattutto a rassicurare circa la volontà generale di non interrompere prematuramente gli stimoli monetari e fiscali.

Non si è invece avviato il coordinamento della normalizzazione delle politiche insostenibilmente espansive che dappertutto hanno prevalso nell’ultimo decennio e ancor più in risposta alla crisi pandemica. Attendiamo il comunicato finale, ma prima o poi occorrerà mettere questo punto più in alto nelle agende globali. 

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