Addio spiagge libere, addio trasparenza, addio gare pubbliche. Ha funzionato il ricatto di far saltare l’intero disegno di legge sulla Concorrenza, mandando così in crisi l’accordo con Bruxelles sul Recovery plan, e dunque è vittoria piena per i balneari nell’accordo trovato tra maggioranza e governo sull’annoso tema delle spiagge. La soluzione è esattamente quella che chiedeva la lobby più abile d’Italia: rinvio al 2025, quando ci si aspetta un governo più disponibile, e comunque il tutto vincolato al completamento della mappatura delle concessioni lungo le coste italiane. La scusa? I tempi troppo stretti per completare il quadro delle informazioni e far partire le gare da fine 2023. La tesi è semplicemente ridicola, ogni sindaco conosce nome e colore degli ombrelloni di tutti coloro che gestiscono le spiagge e a maggio 2021 il ministero delle Infrastrutture ha pubblicato i dati sulle 12.166 concessioni ad uso turistico.

Sul sito de Il Post si trova una bella cartina interattiva con tutti i dati dai quali si può vedere, ad esempio, come persino a Forte dei Marmi ci siano stabilimenti che pagano meno di mille euro all’anno.

Il problema è semplicemente che le spiagge non si devono toccare, vanno lasciate a chi pretende che siano una loro proprietà privata dopo anni in cui nessuno ha chiesto conto di come gestivano un bene pubblico inalienabile.

Il potere delle lobby

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Ma come si è arrivati a questo ennesimo rinvio? Dopo il pronunciamento a novembre del Consiglio di stato, la strada era segnata e non c’era altra possibilità che fissare le regole per assegnare entro due anni i titoli con procedure di evidenza pubblica in attuazione delle direttive europee.

A febbraio il governo ha presentato un emendamento al ddl Concorrenza che tracciava il percorso per arrivare a una situazione finalmente di trasparenza e di spinta nella direzione della qualità e sostenibilità. Ma neanche questi passaggi hanno fermato il pressing sui partiti e dentro i partiti per evitare ogni cambiamento.

Dentro i partiti, perché sia Lega che Pd fanno gestire la materia a parlamentari che hanno un diretto conflitto di interessi. Sul tema è impossibile trovare una sola idea, un’uscita pubblica o una proposta dai partiti che provi a far uscire il paese da una situazione scandalosa che non esiste in nessun altro paese europeo.

L’errore politico sta nel trattare i balneari come se fossero tutti uguali e i comuni come se gestissero tutti allo stesso modo le spiagge, quando non è così. Tra i balneari ci sono tante imprese serie, famiglie e cooperative che gestiscono molto bene le spiagge e che hanno il diritto di candidarsi a continuare a gestire lettini, ombrelloni, chioschi.

Ma ci sono anche situazioni di illegalità scandalose, da chi ha alzato muri e cancelli per far capire che quello spazio è loro, a chi ha spianato dune e costruito abusivamente. Questi secondi devono essere denunciati e cacciati, ripristinando la legalità. E le gare devono servire proprio a questo, a verificare il modo in cui è stata gestita l’area pubblica alzando l’asticella della qualità del servizio, della tutela della biodiversità, dell’accesso per tutti alla spiaggia.

Poche spiagge libere

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C’è poi una seconda questione che in questo nuovo scenario andrebbe affrontata con coraggio, ossia la situazione delle spiagge libere. Perché prima di applicare le nuove procedure, bisogna ristabilire delle regole di equilibrio tra spazi affidati ai privati e spazi di libera e gratuita fruizione da parte dei cittadini.

Un obiettivo che si trova nell’emendamento del governo, che dovrebbe intervenire su una situazione che non ha paragoni al mondo. A Rimini, Rapallo, Pietrasanta non esistono praticamente più spiagge libere.

In larga parte di Liguria, Versilia e Romagna puoi andare al mare e sdraiarti a prendere il sole solo se paghi. Eppure, dal governatore Giani della Toscana all’assessore Scajola della Liguria si ascoltano solo dichiarazioni a difesa di imprenditori italiani che rischierebbero di essere spazzati via da fantomatiche multinazionali.

È incredibile, ma nessuno si intesta la battaglia per difendere le tante famiglie che non possono permettersi di pagare per passare una giornata al mare o che non vogliono farlo.

Cosa succederà ora? Di sicuro si aprirà un nuovo scontro con Bruxelles, con probabile procedura di infrazione. Poi arriverà qualche giudice a mettere in dubbio la legittimità dell’ennesimo rinvio di una politica incapace di guardare oltre gli interessi dei gruppi organizzati.

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