Garlasco, un omicidio diventato feuilleton. Ma la magistratura è già colpevole

Non nascondiamoci dietro un dito: il caso Garlasco ormai non è solo un caso giudiziario, sta dentro un contesto politico e sociale ben più ampio. Proviamo a capire la situazione. Una volta un giudice esperto ha detto: «Bisogna amare la verità più di noi stessi». Molti tra magistrati, avvocati e giornalisti ci provano. Certamente non tutti. Inoltre, la cronaca nera e la logica sarebbero fatte per andare a braccetto: nel senso che servono riscontri, indagini e certezze sia per mettere o non mettere in galera qualcuno, sia per sbattere o non sbattere “il mostro in prima pagina”. Il caso Garlasco e i soldi «a quei signori lì». L’ex pm Venditti accusato di corruzione Il “caso Garlasco” era sbocciato nel lontano 13 agosto 2007, quando venne ammazzata dentro la casa di famiglia Chiara Poggi. Le vecchie inchieste si sono concluse, è noto, con la condanna passata in giudicato di Alberto Stasi, fidanzato all’epoca di Chiara. Le nuove, bocciate e poi rinate, hanno come indagato Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara. I due giovani, Sempio e Stasi, non si conoscono: insieme non potrebbero aver agito. Punti di contatto tra le due inchieste non ci sono. Parliamo però sempre delle stesse persone, della stessa casa, delle stesse tracce. Con innocentisti e colpevolisti divisi come allo stadio. Delle due, l’una. O è avvenuto un terrificante errore giudiziario quando è stato condannato Stasi. O sta avvenendo un gravissimo errore giudiziario su Sempio. Era già entrato nel gigantesco frullatore delle indagini, da ieri gli casca la fragorosa vicenda dell’ex procuratore capo Mario Venditti. Era il magistrato che aveva archiviato anni fa la sua posizione. L’aveva fatto perché ci credeva o perché era corrotto? Tra i nuovi indizi contro Venditti, un bloc-notes. L’hanno trovato dai carabinieri di Milano a casa dei genitori di Sempio lo scorso 14 maggio. Con un appunto: «Venditti gip archivia X 20-30 euro». Alcuni familiari del padre di Sempio gli hanno mandato circa 40mila euro e lui ne ha prelevati 35mila in contanti. Uno che corrompe un giudice, lascia degli appunti? O quel biglietto è stato scritto da altri e conservato in casa? L’unica risposta sensata oggi è un «Chissà». Gli avvoltoi su Garlasco. Così si tritura la giustizia Questo «chissà» è infatti il motivo ricorrente e il problema cruciale della rappresentazione del caso Garlasco: si moltiplicano le domande, si assottigliano le risposte. Si aggiungono sempre dettagli, vai a distinguere il grano dal loglio, frattanto cresce il caos, senza far mai piazza pulita delle cantonate e delle fumisterie. Come fumisteria fu, ad esempio «Ignoto 3», e cioè la traccia di un Dna maschile trovato nella bocca di Chiara Poggi nel 2007 e analizzato solo nei mesi scorsi. Fece gridare alla «nuova pista», i mass media la sostennero, ma si rivelò – e l’avvocato della famiglia Poggi, Gianluigi Tizzoni, aveva lanciato sin da subito un Alert – una semplice contaminazione: «Ignoto 3» era il cadavere nella barella a fianco nell’obitorio. Possibile – e anche questo, attenzione, è un argomento gettonatissimo, specie in tv - che le indagini siano fatte così male? Possibile che le “analisi della scena del crimine” siano così dilettantesche? Sul delitto di Garlasco valgono i fatti e non i loro fantasmi Non si può non notare che l’evidente delirio di voci, spifferi e mezze verità coincide con il particolare e attuale momento storico. Con il ministro Carlo Nordio, che ha avviato quanto non è mai riuscito ai suoi predecessori: la riforma della giustizia targata centrodestra, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e sostituti procuratori. I quali si sentono nel mirino: e va detto che comunque vada a finire il feuilleton di Garlasco, sono i pubblici ministeri che non ne escono bene. Anzi, il contrario. Andrebbero sottolineate forse due circostanze. Una, genetica: moltissimi magistrati e investigatori, dietro le quinte, sin da subito (dal 2007) si sono detti: «Mai più caso Garlasco». E infatti, e non è una coincidenza, ma una precisa scelta dei “cercatori di verità”, le scene del crimine da allora sono state preservate con maggiore cura e affidate il prima possibile ai tecnici della Scientifica. Garlasco e il true crime all’italiana, dove nasce la passione infinita per la cronaca nera Due, circostanza più specifica: la nuova indagine su Sempio nasce dalla sua avvocata, Giada Boccellari. Denunciò di essere seguita a Garlasco: non c’erano riscontri, il caso viene archiviato a Milano. Chi lo archiviò, il magistrato Alberto Nobili, mise per iscritto la presenza di «elementi (soprattutto nel fascicolo che porta alla condanna di Alberto Stasi, ndr) che potrebbero non mettere fine alla vicenda giudiziaria». Una profezia, o un’analisi con l’uso del condizionale. Inascoltata, tanto che il caso Garlasco entra nelle case sciorinando una giustizia lenta e barcollante (ma la giustizia non è solo questa) e quindi – conclusione per l’elettorato – come e perché non riformarla una volta per tutte? Se la logica non sempre va d’accordo con la cronaca nera, nel caso Garlasco va infatti d’accordissimo la politica: almeno con quella parte di politica italiana che alla magistratura vuol togliere, giusto o sbagliato che sia, un po’ di forza e un po’ d’impunità. Cosa pensano i nostri lettori della mediatizzazione del caso di Garlasco?