A partire da una certa settimana di gravidanza, i futuri bambini potenziali si muovono in modo molto percettibile, scalciano, si dice così. Non è una vaga sensazione, non è una proiezione fantastica o un film sugli alieni, è un fatto ed è un importante segnale di vita, tanto che i medici raccomandano di farci caso. E la madre è di conseguenza rassicurata quando lo nota. La sera, prima di dormire, pensa: "Anche oggi ti sei fatto sentire, siamo a posto”.

Può capitare che la madre, a volte, sempre prima di dormire, rifletta su questa persona del futuro che cerca di portare avanti la sua possibilità di esistere, e che, nel farlo, manda dei segnali. Però non conoscendo ancora questa persona le risulta difficile capire il senso dei suoi movimenti.

Chiaramente scalciare è un compito che il bambino deve svolgere e basta, ma perché in certi momenti e non in altri? Ci sono delle motivazioni, dei rapporti di causa effetto? La madre sospetta che esistano delle spiegazioni scientifiche, ma lei non le conosce, e forse non le vuole conoscere, perché è di quelle madri che non leggono i libri sulla gravidanza e i suoi misteri svelati. Non li legge perché le mettono agitazione.

Magari è una donna che in generale, nella vita, legge moltissimo, studia approfonditamente. E proprio per questo, almeno durante la gravidanza, ha deciso di non studiare, di prendere le cose come vengono. Di seguire le indicazioni dei medici, questo sì, ma di non aggiungere altro. Di non fare i compiti. Di non sapere troppo. È semplicemente il suo modo di vivere questa esperienza. In lei c’è un desiderio di distacco intellettuale.

Del neonato in arrivo, ogni tanto, cerca di farsi un’idea, ma è più una fantasia, costruisce delle favole. Non le viene in mente molto, solo cose come: “Sento che mia figlia (o mio figlio) sarà una persona molto spirituale”. Ma sa benissimo che è un’invenzione e una proiezione.

La madre, in realtà, desidera una figlia spirituale perché le sembra una cosa rilassante, e perché immagina di chiedere, un giorno, a questa figlia ormai cresciuta, dei consigli di vita.

Ebbene sì, la madre non ha molti consigli da dare, e questo la imbarazza, ma in fondo al cuore spera che la figlia invece ne abbia per lei. Le piace l’idea di mettere al mondo una persona che l’aiuterà a capire qualcosa della vita e del mondo, finalmente.

Ogni tanto però esce dalla pura fantasia e fa un esperimento mentale. Gli esperimenti mentali sono quelli che non fai per davvero, ma solo con l’immaginazione. Meno concreti di un esperimento fisico, ma più strutturati di una fantasia. Per fare questo esperimento sceglie una bambina che conosce, per esempio la figlia di qualche amica.

Una bimba cresciuta

Una bambina che ha già otto, nove anni, una persona ormai formata, con un carattere tutto sommato visibile e conoscibile. La madre pensa: bene, immaginiamo che questa bambina che conosco e che ho visto sia la mia. La porto indietro nel tempo, e immagino che non sia ancora nata. Immagino di sentire i suoi, di segnali, di sentire i suoi calci. Di sentirli conoscendo però tutte le cose che conosco di lei.

A questo punto i suoi comportamenti non sono più del tutto oscuri. I suoi calci, che poi sono anche gomitate e testate e pedate, ora li vedo alla luce della conoscenza del volto che avrà, dei suoi atteggiamenti, della sua mentalità e personalità, della sua predisposizione a vivere le situazioni in un certo modo. Ed ecco che ho la tentazione di dare un significato anche profondo a questi calci, e finisco per convincermi che questo significato è non dico corretto, ma derivato razionalmente e perciò giustificabile.

La madre a questo punto si ferma perché ha toccato uno snodo fondamentale sulla natura della razionalità. La razionalità a volte è questo: il bisogno tenero e umano di costruire un esperimento mentale per acquisire un’illusione di conoscenza.  

Una notte però accade qualcosa. La madre sogna che sua madre – la futura nonna, insomma - è morta. O meglio, nel sogno lei sa che è morta, anche se le appare viva, fresca come una rosa, anzi cammina, parla, è venuta a trovarla nella sua casa portando una pianta.

La casa ha una porta minuscola, ed è piena di scalini, ci si muove con grandi contorsionismi fra corridoi stretti. È stipata di oggetti, e le stanze sono sempre più piccole di quello che ci si può aspettare. La madre della madre però le dice: “La tua casa è bella. E sono contenta che sia pulita.” Non le chiede però nulla della gravidanza, della bambina che verrà. Come se non esistesse.

I morti, anche solo sognati, non fanno mai esperimenti mentali. Preferiscono la pura materialità.

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