Indignazione fra poveri

La sottile perversione di riversare sui giovani l’odio per il nostro lavoro

LaPresse
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  • Ci siamo anche stavolta: titolari di bar, ristoranti e stabilimenti balneari che non riescono a trovare lavoratori stagionali. «C’è chi rifiuta anche 1.200 euro al mese!», «È colpa dei sussidi!» urlano i ristoratori milanesi.

  • È un grido che non contiene tanto una difficoltà, quanto un moto d’indignazione. Cosa ci sia sotto questa indignazione, è facile vederlo: il lavoro non è più un diritto, ma una concessione; lo stipendio minimo non un atto dovuto, ma un dono.

  • Il lavoratore d’oggi, soprattutto quello giovane, lo si vuole allegro, dinamico, ma soprattutto riconoscente. Del resto, instillare la gratitudine per qualcosa che è anche meno del dovuto è un meccanismo tipico del nuovo capitalismo.

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