- Alcuni profili del decreto-legge che impone l’obbligo di “green pass” nei luoghi di lavoro - modificato nel testo definitivo rispetto a quello già circolato - necessitano di chiarimenti. Nel settore privato le verifiche “a campione” sono rimesse ai datori di lavoro, ma a differenza del settore pubblico mancano parametri cui essi possano adeguarsi.
- La violazione dell’obbligo di possedere ed esibire il pass è sanzionata con la sospensione dello stipendio, senza conseguenze disciplinari e con la conservazione del posto di lavoro. Per altra via, comunque, potrà arrivarsi pure al licenziamento. Per le aziende con più di 15 dipendenti sorgono dubbi sulla sostituibilità di chi sia assente ingiustificato per mancanza di pass.
- Ancora una volta, manca trasparenza sui presupposti del provvedimento, nonché sull’obiettivo da conseguire, ottenuto il quale l’obbligo di “green pass” possa cessare. Occorre rendere conto delle scelte, anche e soprattutto se “politiche”.
È stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge (n. 127/2021) con cui il governo ha imposto l’obbligo di “green pass” per accedere a qualunque posto di lavoro: dalle pubbliche amministrazioni alle Autorità amministrative indipendenti, dagli enti pubblici economici a tutto il settore privato. Alcuni profili della nuova normativa - modificata nel testo definitivo rispetto a quello circolato dopo il Consiglio dei ministri - necessitano di chiarimenti. Il decreto-legge L’ob



