Putin ha dichiarato una guerra inserendosi nella crisi politica della globalizzazione. Questa crisi gli consente di puntare a fare da solo una corsa per il dominio del mondo. Siamo dinanzi a una guerra di tipo nuovo rispetto a quelle che fin qui abbiamo conosciuto. Quella di Putin contro l’Ucraina è una guerra locale che ha effetti globali. Di fatto tutti i popoli sono in guerra. Ma c’è una differenza sostanziale fra lo scontro territoriale e l’area più vasta investita dagli effetti della guerra. Contro Putin ci sono due eserciti combattenti. Uno locale, che sopporta il peso della guerra reale, in presenza. E uno, buona parte del resto del mondo, da remoto. Chi è in presenza, gli aggrediti ucraini, ha la capacità di reazione di una guerra patriottica, di resistenza, perché vive il conflitto sulla propria carne e sui propri beni. Chi non è in presenza invece supporta la guerra con il sostegno finanziario, militare, economico delle sanzioni all’aggressore.

Ma tutto questo ha un limite. Putin ha ragionato con fredda e omicida lucidità su come ottenere gli effetti sul mondo vasto che combatte da lontano. Gli ucraini potevano essere battuti dalla sproporzione delle forze con l’aggressore russo; non lo sono stati. Ma l'invio delle armi ha un limite di utilizzabilità, ed anche la distruzione dei beni materiali ed umani della Ucraina ha un limite di resistenza. Non è infinito.

Il punto è dunque la grande assenza delle istituzioni di garanzia dell’ordine mondiale. A Kiev abbiamo visto il segretario generale dell’Onu Guterres impaurito e indignato perché gli avevano fatto cadere i missili a qualche centinaio di metri; così da una parte ha constatato la tragicità della situazione e dell’altra ha preso atto del fallimento della sua azione. Ma ha fatto un errore. Avrebbe dovuto rispondere: avrebbe dovuto portare in prima linea, in presenza, le istituzioni globali. Portare il segno della partecipazione sul terreno da parte di chi combatte questa guerra da remoto, un gesto di solidarietà morale e presenza politica. Doveva convocare il Consiglio di Sicurezza a Kiev, subito, con all’ordine del giorno un unico tema: come raggiungere la tregua con la garanzia dell’Onu. 

Bisogna insomma portare in prima linea tutti gli organismi internazionali, la Fao, l’Organizzazione del Commercio, devono tutti riunirsi ad Odessa per dire qual è la crisi mondiale a cui può portare l’uso spregiudicato della guerra ma anche delle risorse naturali che fa Putin. Solo così è possibile creare le condizioni, attraverso il prestigio della forza internazionale istituzionale, di un dialogo capace di imporre con la forza non di una interposizione di un esercito ma di una presenza delle istituzioni come giudice nel luogo stesso della trasgressione delle norme internazionali.

La Russia vuole utilizzare la guerra in Ucraina per uno sfondamento dell'Europa, con l’obiettivo di creare il caos, la disgregazione fra i combattenti da remoto. Se le istituzioni internazionali non andranno in prima linea sul terreno dove si consuma l’aggressione locale ma anche lo sfondamento vero dell’Europa, non potranno sbarrare la strada al sogno velleitario di dominio mondiale di Putin. Se questa linea dovesse passare, ricordiamoci che la mamma dei Putin è sempre gravida. Ne usciranno altri in tutti il mondo, e noi dovremo dire che non sapremo come finirà la terza guerra mondiale, ma sappiamo che la quarta sarà combattuta con le pietre e con le clave.

© Riproduzione riservata