Hamas è l’alibi perfetto per chi non vuole fare nulla su Gaza

Hamas è diventato la parola d’ordine, il talismano, l’alibi perfetto per ogni destra mondiale che sta con Netanyahu e con Donald Trump, per non fare assolutamente nulla, non disturbare il manovratore che sta facendo scempio della Striscia di Gaza e dei suoi abitanti. Riconoscere la Palestina? Eh no, sarebbe un regalo ad Hamas, come a pappagallo ha ripetuto anche Giorgia Meloni, in scia ai suoi punti di riferimento ideologici sovranisti. Ha anche rincarato: la Flotilla? «Pericolosa e irresponsabile», usata contro di lei per ragioni di politica interna: il superamento siderale di ogni vittimismo precedente già piuttosto pronunciato. Riconoscere la Palestina: la mobilitazione planetaria, la rincorsa della politica Ovviamente i complottardi, sempre al lavoro in queste occasioni, alludono a occulte collusioni con il movimento terrorista degli organizzatori delle navi, chissà con quali finanziamenti. Insomma, chiunque proponga qualcosa che non siano bombe su bombe su bombe finisce sul banco degli imputati perché fa «gli interessi di Hamas», la formula che ha sostituito quella precedente in voga di «antisemitismo». Non che gli antisemiti mancassero, prima, ma ora è un pianeta zeppo di antisemiti. Siccome quella generalizzazione così espansa non reggeva più al cospetto dei milioni di inermi cittadini che hanno cominciato a scendere in piazza perché il massacro, genocidio o meno che sia, ha veramente varcato il limite del tollerabile, ecco pronta la carta di riserva. I paesi che riconoscono lo stato di Palestina: cosa cambia davvero e le posizioni di chi è contrario Malintenzionati di antico lignaggio e ingenui benintenzionati tutti insieme a tenere il gioco, consapevoli o meno che siano, dello spauracchio perennemente agitato: mica starete con quelli delle mimetiche verdi e i versi del Corano sulla fascia che cinge il viso, vero? Senza nemmeno che siano attraversati dal sospetto che, magari, si può essere semplicemente contro una carneficina che ha poche similitudini nella contemporaneità e il paragone è solo con atrocità universalmente riconosciute come tali. C’è una retorica dell’impossibilità del dialogo con i palestinesi e tantomeno del riconoscimento statuale di cui Hamas è solo l’anello estremo e più eclatante. Cominciò tutto, a ben vedere, con l’omicidio di Yitzhah Rabin, da parte di un estremista ebreo ortodosso. Colpito e affondato l’artefice degli accordi di Oslo era più facile riprendere la demonizzazione del suo interlocutore, Yasser Arafat. Soprattutto dopo che a Camp David nel 2000 rifiutò il piano di pace mediato da Clinton tra lui e quello che resta l’ultimo premier laburista d’Israele, Ehud Barak. E sulla Palestina il sovranismo meloniano andò (ancora una volta) in cortocircuito Arafat non firmò, è vero, ma è altrettanto vero che Barak non vergò nessuno dei documenti del trattato perché doveva consultare il parlamento, la Knesset. Da allora, nessun serio tentativo di trovare una soluzione. Con la scusa da parte ebraica che non esisteva «un interlocutore credibile». Non lo era Arafat, non lo era nemmeno Abu Mazen, il successore, tanto che, ad esempio, Ariel Sharon decise il ritiro unilaterale delle colonie da Gaza nel 2005 senza una consultazione con la controparte, ritenuta evidentemente indegna di condividere qualunque iniziativa. E Hamas, allora, non aveva alcun potere se non quello terroristico. Prenderà il controllo della Striscia solo nel 2007, al culmine di una sorta di guerra civile contro i laici di Fatah, il movimento di Arafat. Dunque sono almeno trent’anni che Israele non riconosce a nessun palestinese la dignità dell’interlocutore. Hamas incarna soltanto il profilo ideale dietro il quale nascondere l’intenzione di impedire la nascita di uno Stato palestinese quale che sia. Non comanda Hamas in Cisgiordania, eppure la ritorsione più sbandierata dopo i riconoscimenti internazionali è quella di annettere la Cisgiordania (ormai chiamata con i nomi biblici di Giudea e Samaria non solo dai messianici). E inoltre Netanyahu non ha forse promesso di annientare il movimento terrorista? Non si è forse adombrato per il futuro un’egida internazionale, o dei paesi arabi nel periodo di transizione verso la creazione di uno Stato palestinese credibile? Palestina, il penoso trucchetto di Meloni: «Riconoscerla? Se si liberano gli ostaggi» E da ultimo: è piuttosto arduo sostenere che oggi la Striscia di Gaza sia governata da Hamas. Pare piuttosto un cumulo di macerie sotto il dominio totale e incontrollato dell’esercito israeliano. E allora: che regalo ad Hamas sarebbe il riconoscimento? Non è forse che chi non vuole riconoscere lo Stato dei palestinesi è perché non lo vuole né ora né mai? Che è poi il programma politico di Benjamin Netanyahu più volte ribadito.