I dati dei contagi oscillano e ieri sono tornati a crescere dopo la consueta flessione del lunedì legata al numero ridotto di tamponi effettuati nel weekend. Cambiano i colori delle regioni, con Abruzzo, Basilicata, Toscana, Liguria e Umbria che, come annunciato, sono diventate arancioni. Le dichiarazioni dei medici si fanno sempre più allarmate e allarmanti, con la richiesta di un lockdown generalizzato che, qualora la situazione non migliorasse, potrebbe arrivare nel prossimo fine settimana.

Così la seconda ondata della pandemia si avvia a diventare un triste remake di quanto già accaduto a marzo. E una domanda nasce spontanea: ma che fine hanno fatto i partiti? Nessuno si aspetta che siano i politici a debellare il virus, quello è compito che spetta ai medici e agli scienziati che, con grande fatica, stanno cercando di trovare un vaccino.

Ma nemmeno possiamo accontentarci di una politica che, nei migliore dei casi, si divide tra il silenzio e gli appelli al buon senso («Fate i buoni, se potete») e continua a inseguire gli eventi piuttosto che provare a governarli.

Affidati ai tecnici

Era già accaduto in primavera, ma all’epoca il Covid-19 era un oggetto misterioso che era piombato nella nostra vita in maniera inaspettata.

Non aveva sollevato troppe perplessità, quindi, la scelta di affidarsi ai tecnici e di lasciare a loro il compito di decidere cosa, come e quando chiudere. Oggi, a distanza di sette mesi, è tutto più difficile. Il paese è in affanno, impaurito da ciò che potrebbe ancora accadere e meriterebbe qualcosa di più di quello che stiamo vedendo in questi giorni. Invece i partiti preferiscono perdere tempo.

Nascondendosi e riapparendo, ma solo lì dove capiscono che c’è la possibilità di lucrare un po’ di consenso. Il Movimento 5 Stelle, ad esempio, come se fosse la cosa più naturale del mondo in questo momento, ha lanciato un contest sulla piattaforma Rousseau per decidere quali dovranno essere gli attivisti che prenderanno la parola durante l’appuntamento finale degli Stati generali di sabato e domenica.

Pd, Lega e Fratelli d’Italia nell’ultima settimana si sono dedicati con un certo impegno a festeggiare i risultati delle elezioni americane quasi fossero le regionali in Emilia-Romagna. Appelli all’unità nazionale (evocarla non costa nulla) si alternano a richieste di rimpasti di governo.

Il tutto mentre il premier Giuseppe Conte, avvocato difensore di sé stesso più che del popolo italiano, ci informa via lettera che lui quest’estate non ha fatto vacanze. Un modo per dire che il governo c’è, che non è vero che questa estate nulla è stato fatto e che oggi scontiamo gli errori della politica. Sarà, ma la realtà racconta un’altra cosa.

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