La purezza e gli assoluti non appartengono a questo mondo. Ogni relazione e decisione genera un faticoso dilemma su quanto sacrificare dei nostri valori più importanti per raggiungere obiettivi che riteniamo possano beneficiare noi e gli altri. La politica non fa eccezione.

Le elezioni politiche imminenti mettono soprattutto chi ha una sensibilità progressista e di sinistra di fronte a scelte tanto controverse quanto inevitabili.

Per la prima volta dalla fine della Prima Repubblica, non si discute di chi vincerà le elezioni, ma di quanto le vincerà.

Considerata la situazione internazionale, probabilmente il nuovo governo e parlamento avranno gradi di libertà limitati nella politica economica, condizionata dagli eventi e gli impegni con i partner europei.

Ma c’è tanto altro su cui i poteri esecutivo e legislativo più a destra dell’occidente potranno intervenire.

La compressione dei diritti civili, verso la comunità LGBTQI+, le donne e gli immigrati.

L’attacco ai diritti e alla pace sociali, tra benefici fiscali (tagli e condoni) ai più ricchi, imposizioni occupazionali paternalistiche per i disoccupati, e un approccio corporativo per favorire alcune categorie in quella lotta fra deboli che la destra ha brillantemente alimentato per anni.

Lo smantellamento ulteriore della sanità pubblica, già intrapreso alacremente nelle regioni governate dalla destra.

La regressione nella lotta alla crisi climatica, a colpi di investimenti in fonti energetiche non rinnovabili sulla spinta di lobby varie e sulla base di un negazionismo climatico camuffato da pragmatismo, spesso con l’appoggio di sedicenti liberali che si oppongono a una vera svolta verde. 

Le opinioni estreme

Il rischio però non viene soltanto dalle scelte formali di governo. Il partito di Giorgia Meloni ha nel tempo legittimato opinioni estreme, come la teoria secondo cui l’immigrazione sarebbe uno strumento programmato di sostituzione etnica, o negato i coinvolgimenti di nostalgici fascisti nell’assalto alla sede della Cgil (“la matrice non è chiara”).

Una vittoria netta alle elezioni e un governo forte potrebbero cambiare quelle norme sociali che, seppur non scritte, sono fondamentali per la coesione di una comunità.

Movimenti estremisti e violenti, già oggi presenti nella società, si sentirebbero legittimati a uscire allo scoperto, come successo durante la presidenza Trump negli Stati Uniti; pensieri, parole e soprattutto azioni oggi considerate disdicevoli diventerebbero invece senso comune.

Non convince, questa volta, la strategia dei popcorn, secondo cui i “populisti” al governo sono destinati a durare poco. La leader di Fratelli d’Italia non è giovane né inesperta: è intelligente, pronta (come annunciano i manifesti elettorali), sa cosa dire e come dirlo.

E davanti a questa eventualità l’unica opzione è, qualora si decida di prendere parte alla consultazione elettorale, un voto per i partiti che compongono la coalizione di centrosinistra. 

Chi votare?

Da oltre un decennio, quasi ininterrottamente, il Pd in particolare ha fatto parte delle maggioranze di governo.

Ha introdotto leggi come il Jobs Act, così contribuendo a rendere ancora più precario il lavoro; ha seguito la linea di Minniti per la gestione dei flussi migratori, una politica irricevibile per chi pensa che l’uguale dignità di tutte le persone sia un principio irrinunciabile.

Il programma elettorale del Pd e della coalizione intorno ad esso, d’altro canto, contiene molte proposte condivisibili e radicali: il fondo di maturità; la partecipazione dei lavoratori al governo delle imprese; il salario minimo ed altre riforme, come recentemente in Spagna, che frenano la competizione al ribasso su tutele e salari; un rinnovato ruolo dello Stato per la transizione ecologica e la politica industriale; l’allargamento dell’obbligo scolastico alla scuola dell’infanzia e il suo allungamento fino ai 18 anni.

Un programma di svolta progressista che non era scontato, ma che potrebbe rimanere lettera morta. Non solo per la vittoria della destra alle urne, ma anche per lo spostamento del Pd su posizioni ancora più conservatrici al prossimo congresso.

Numerosi sono stati i tentativi di screditare la parte più a sinistra, ad esempio con gli attacchi concertati ad alcuni dei giovani capolista.

Anti-qualcosa

Insomma alla fine, bisogna seguire la strategia tanto cauta quanto avvilente del voto utile? Da anni, le coalizioni di centrosinistra in Italia si sono configurate solo come anti-qualcosa, e questa retorica ha provocato una disaffezione da parte dell’elettorato di sinistra in cerca di messaggi e politiche positive, anche radicali e non solo di rimessa, senza peraltro fermare l’avanzata di forze che molti ritengono pericolose.

Pur consapevoli che il voto non segue solo la razionalità ma anche le emozioni, le elezioni sono anche il tempo della responsabilità.

Se si ritiene che una vittoria con margine inferiore della destra sia preferibile a una con maggior margine, allora la scelta ottimale ricade proprio sul centrosinistra.

Un voto ai partiti sotto la soglia di sbarramento aumenterebbe le loro chance di entrare strappando seggi alla destra nel proporzionale, allo stesso tempo potrebbe aumentare lo scarto nei collegi uninominali. 

Il secondo punto è che la partecipazione politica non si deve esaurire nel voto. Il consenso alla coalizione di centrosinistra non deve essere una cambiale in bianco.

È tempo che le persone e le organizzazioni interessate a un paese più giusto e inclusivo uniscano le forze, la mattina dopo le elezioni. Da una parte, questo implicherà lavorare criticamente per cambiare le formazioni che fanno parte della coalizione, a partire dal Pd.

Dall’altra parte, potrebbe emergere la necessità di una forza alternativa a quelle presenti.

Queste due strade non sono in contraddizione fra di loro. Basti pensare a Podemos che ha contribuito a spostare a sinistra il Psoe: oggi la Spagna vara leggi sul lavoro che contrastano il precariato, così come l’istituzione di fondi per la salute mentale e per il congedo mestruale, coniugando l’idea della giustizia sociale con la società aperta e diversa del XXI secolo.

La memoria della condotta scadente del centrosinistra italiano da un lato, e la lettura del suo ambizioso e innovativo programma elettorale dall’altro, possono provocare sentimenti simili a quelli che si provano quando si considera un riavvicinamento a un grande amore che ci ha spezzato il cuore.

E’ comprensibile la paura di bruciarsi un’altra volta; tuttavia, una rottura totale potrebbe fare ancor più male. Rimanere vicini e sostenersi potrebbe fare tutta la differenza.

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