Segna la vittoria di chi non crede nell’Europa, il ritorno al predominio degli stati-nazione con l’affermazione dei piani nazionali, creando la triste premessa per cui chi potrà - e vorrà - investirà di più e avrà sempre di più, e chi avrà meno risorse ne avrà sempre meno
Come socialisti e democratici siamo molto preoccupati per la direzione intrapresa dalla Commissione Ue. Lo abbiamo detto, lo ribadiamo: serve un’Europa più forte che non smarrisca il suo pilastro sociale insieme ai suoi valori fondativi. Il bilancio 2028-2034 non dà garanzie rispetto a questa necessità.
Un bilancio da 2000 miliardi di euro - quello in corso è di quasi 1300 - rivendicato dalla Commissione come «il più ambizioso mai proposto», copyright Ursula von der Leyen. Ebbene in tale quadro “ambizioso”, diminuiscono, tra le altre, le risorse per la politica agricola comune, che la destra ha sempre detto di voler difendere. Passiamo a 300 miliardi di euro rispetto a 386 della scorsa Pac, quindi meno 20 per cento. Non spiccioli, non numeri, ma migliaia di persone che non riceveranno aiuti necessari a produrre il cibo che arriva sulle nostre tavole. Se penso che chiedevamo un aumento in ragione anche dell’inflazione, oltre che alla grave crisi del settore primario e delle sfide che ha di fronte, la risposta di decurtare il budget sembra, allora, quasi una provocazione.
Le risorse per l’agricoltura confluiscono poi in un fondo unico con la pesca, la coesione e le politiche sociali, e aumentano gli investimenti in difesa (quintuplicati), arrivando a 131 miliardi. Se servono a far vivere il ReArmEu, c’è da essere molto preoccupati: non finanzieranno la difesa comune, ma la corsa al riamo delle singole nazioni.
In un momento delicato per l’agricoltura, con il rischio dazi al 30 per cento dell’amico (per alcuni!) Trump, tutto quello che avevamo promesso rischia di non essere realizzato. Non solo adesso, ma anche nei prossimi anni. Il giusto reddito degli agricoltori, il rinnovamento generazionale e di genere, la gestione del rischio, la transizione ecologica, il protagonismo delle aree interne rurali, la facilitazione dell’accesso al credito: come faremo con una coperta economica così corta? Se non ci sono finanziamenti adeguati, come daremo corpo alla condizionalità sociale, per cui le risorse Pac devono arrivare solo alle aziende che producono rispettando i diritti e la salute di chi lavora nei campi? Che ne sarà dell’impegno contro il caporalato, il cui volto feroce e violento ho potuto vedere direttamente con i miei occhi, pochi giorni fa, a Borgo Mezzanone, in Puglia? E anche la grande rivoluzione, che da socialisti abbiamo sempre richiesto, del capping e della degressività, per aiutare i piccoli agricoltori e non favorire - con la logica degli aiuti ad ettaro- solo le grandi aziende e le concentrazioni fondiarie, come vivranno realmente? La risposta temiamo di conoscerla. Da ora.
Per buone politiche, servono risorse. E allora perché la Commissione non ha scelto di prenderle dai giganti dell’e-commerce e dalle big-tech, per esempio? Anche qui conosciamo - purtroppo - la risposta.
Questo bilancio è dunque da respingere al mittente. È un colpo durissimo all’agricoltura, al superamento delle disuguaglianze territoriali, alla garanzia dei diritti sociali dei cittadini e delle cittadine. Questo bilancio segna la vittoria di chi non crede nell’Europa, il ritorno al predominio degli stati-nazione con l’affermazione dei piani nazionali, creando la triste premessa per cui chi potrà - e vorrà - investirà di più e avrà sempre di più, e chi avrà meno risorse ne avrà sempre meno. Un bilancio scritto dalla mano delle destre nazionaliste.
Vediamo ora in Consiglio come si comporterà la premier Meloni, il cui governo esprime un vicepresidente (con delega all’agricoltura e alla coesione, con quest’ultima che perde il 40 per cento di finanziamenti!) come Raffaele Fitto, e vediamo come si comporterà il ministro Lollobrigida al consiglio dei ministri dell’Agricoltura. Vediamo se, come fatto finora, la Commissione non terrà conto del Parlamento, che pure contro il bilancio unico si era espresso chiaramente.
Come socialisti daremo battaglia. Ne possono essere certe le destre nazionaliste che hanno prodotto questo disastro.
*Europarlamentare Pd, vicepresidente S&D e responsabile dem per le politiche agricole
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