L’elezione di Leone XIV è una buona occasione per farsi, nel variegato mondo dell’arcipelago mediatico occidentale, alcune domande. La principale è molto semplice: perché i risultati di questo conclave poco o nulla hanno a che fare con le narrazioni che circolavano sin dal giorno della morte di papa Francesco? E c’è anche un’altra questione: quanto la stampa “Bergoglio-friendly” ha sostenuto il progressismo del pontefice argentino e quanto ha danneggiato la sua icona?
Che rilevanza hanno questi interrogativi? Almeno due, e il primo riguarda la qualità dell’informazione, unica possibilità per far crescere una stampa autonoma e libera finanziata dai lettori. La buona informazione si rivolge alle coscienze dei lettori che, prima o dopo, riconoscono tanto la qualità quanto la manipolazione.
Gerarchie e giornalisti
L’altra considerazione riguarda la gerarchia cattolica, il nuovo papa e quanti faranno parte del suo gruppo di governo definitivo, che vedremo tra qualche mese. Ecco: quanto è disposta la nomenclatura vaticana ad abbandonare quella sorta di complicità – che va nei due sensi – con gran parte dei giornalisti trincerati dietro le formule delle «fonti anonime di alto livello», dei «prelati a conoscenza dei dossier», delle «indiscrezioni autorevoli» e via dicendo.
È questo il connubio che durante la sede vacante ha provocato un cortocircuito. In buona parte della stampa si sono così innescate, come in altri momenti della storia recente della chiesa, due narrazioni parallele: una mediatica, per di più italico-centrica, e l’altra reale, ma rimasta sconosciuta.
Il nome del cardinale Robert Francis Prevost come candidato possibile e forte circolava già poco dopo la morte di papa Bergoglio, ma ai media e a molti esperti sembrava impossibile: i cardinali statunitensi si autoescludono per ovvi motivi si diceva.
Uomini di popolo
Questa griglia fuorviante ha fatto commettere un grande errore: non percepire che i cardinali non si sentivano affatto progressisti o conservatori come nel film Conclave di Edward Berger. Mentre si raccontava dei negoziati durante le riunioni precedenti il conclave, si sottovalutava lo sfondo, e cioè la situazione odierna del mondo, l’insidia del possibile imminente crollo dei rapporti multilaterali e la pericolosità dell’aumento esponenziale delle disuguaglianze. Fra i cardinali circolavano saggi, inchieste, sondaggi, rapporti specializzati sulla situazione mondiale.
Questa sede vacante passerà alla storia anche per una caratteristica. Il livello e le competenze dei cardinali non erano più quelli di una volta, quando c’erano teologi, filosofi, biblisti, canonisti di autorità indiscussa.
C’erano però molti pastori, uomini di popolo, semplici, aderenti al mondo degli uomini concreti. Un cardinale asiatico ha citato in una riunione il grande pedagogo brasiliano Paulo Freire: «La metà dell’umanità non dorme perché ha fame e l’altra metà non dorme perché ha paura degli affamati».
Moltissime novità
È stata una sorpresa fortissima anche perché Francesco è stato spesso criticato per avere causato un abbassamento di livello degli elettori. Tuttavia ai critici, me compreso, è sfuggito un fenomeno nuovissimo che smonta un’altra critica a Bergoglio.
La maggioranza dei cardinali si sono sì incontrati fra loro per la prima volta, ma si conoscevano da parecchio tempo grazie alle nuove forme di comunicazione: posta elettronica, siti, applicazioni per parlare e condividere filmati e lunghi documenti, anche riservati, e tutto questo in modo tempestivo.
A molti osservatori degli affari vaticani, insomma, sono sfuggite moltissime novità che cambieranno il volto della chiesa nei prossimi anni. Soprattutto la sede vacante non è stata quella che si stava raccontando perché i cardinali erano i meno interessati alla parte scenografica che invece tanto ha attirato i giornalisti.
Poi, dopo le passerelle davanti ai media, le discussioni continuavano fino a notte inoltrata. In questo clima si è fatto strada il nuovo papa. Che è stato tra i protagonisti delle riunioni nelle quali si sono poste le grandi domande. A seguito della individuazione delle grande “questioni papabili” per primo si è potuto circoscrivere un paio di cardinali papabili e quindi lasciare fuori corsa i candidati mediatici.
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