Non c’è troppo feeling fra due donne alfa come la presidente tedesca della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente italiana del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni.

Mettendo da parte, ma non del tutto, la inevitabile competizione fra due donne di grande successo politico, la mancanza di feeling deve essere attribuita ad alcuni importanti fattori che avranno conseguenze sia sull’Italia sia sull’Unione europea.

Giustamente, Von der Leyen mantiene più di una riserva sulla conversione della sovranista Meloni ad una visione più vicina alla realtà politica e istituzionale dell’Unione europea.

Con realismo, qualità di cui dispone abbondantemente, forse anche troppo, la presidente del Consiglio ha preso atto che se vuole contare nelle decisioni europee deve forse abbandonare il sovranismo, comunque ridimensionarlo almeno nel discorso pubblico. Il problema non è recuperare sovranità strappandola alla Ue.

Bisogna, invece, riuscire a esercitare meglio la propria rimanente, che è molta, sovranità nazionale compartendola non soltanto nelle decisioni che riguardano l’Italia.

Avendo fortemente apprezzato Mario Draghi, per la sua competenza e il suo accertato europeismo, è inevitabile che Von der Leyen sia decisamente, anche se sorridentemente, cauta nei confronti di Meloni, voglia vedere le carte e essere rassicurata sul mantenimento degli impegni, anche sul Pnrr, presi da governo italiano.

Qui entrano in campo le preferenze e le visioni politiche e si staglia il futuro incerto dell’Unione europea nella sua governance e nel suo progredire verso rapporti ancora più stretti.

   Sembra che Meloni abbia raggiunto maggiore sintonia con Manfred Weber, il capogruppo dei Popolari al Parlamento Europeo, sicuramente molto più conservatore della von der Leyen alla quale fu obbligato a lasciare la via della Presidenza.

E, sì, in questo caso/contesto, la politica tedesca conta. I Popolari hanno mostrato molta reticenza nel condannare le violazioni della rule of law in Ungheria da parte di Orbán, amico di Meloni (e di Salvini).

Il primo ministro ungheresi ha voti utili nel Parlamento europeo e molti Popolari pensano che saranno ancora più utili dopo le elezioni del 2024. Anche Fratelli d’Italia aumenterà in maniera significativa la sua rappresentanza europarlamentare.

Quei seggi potrebbero diventare decisivi per fare di uno schieramento Popolari/Conservatori (quelli guidati da Meloni) la maggioranza relativa.

Già adesso molti Popolari sono insofferenti della necessità di trovare accordi con i Socialisti&Democratici europei, convintamente europeisti, ma adesso anche feriti dalla corruzione di qualche loro rappresentante. “Socialist job” ha sprezzantemente commentato Giorgia Meloni.

Il punto è che su molte tematiche attinenti i diritti, in particolare, all’identità di genere elemento costitutivo dell’identità personale, la distanza fra i due gruppi maggiori appare davvero considerevole.

Un’eventuale possibile alleanza fra Popolari e Conservatori, nella quale i Conservatori sarebbero decisivi, ridisegnerebbe molto i confini dell’azione della prossima Commissione.

Metterebbe la parola fine all’evoluzione dell’Unione europea come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni, una fine che è esattamente quello che desidera Giorgia Meloni, ma che detesta Ursula von der Leyen (nonché, ma molti sostengono che è fuori dai giochi, Angela Merkel).

Ecco perché le differenze di opinioni e di posizioni fra Von der Leyen e Meloni non sono solo personali. Prefigurano uno scontro politico di enorme impatto e consequenzialità. Quo vadis, Unione Europea?

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