Se i fatti cambiano, cambiano anche le mie idee, sosteneva JOhn Maynard Keynes. Il Coronavirus, oltre a tante altre cose, ci costringe in tutti i campi a ripensare valutazioni passate aggiornandole alla luce del mutato quadro economico.

E’ questo anche il caso delle valutazioni economiche di progetti infrastrutturali per  27 miliardi di euro commissionate dal ministero dei Trasporti al gruppo di lavoro diretto da uno degli autori di questo articolo nell’estate del 2018. Analisi che furono oggetto di molte critiche ma  riconosciute corrette da parte degli unici studiosi che accettarono un confronto diretto con gli estensori, confronto che portò a un documento della Società Italiana di Politica dei Trasporti che “assolveva gli imputati” dalle accuse loro rivolte. 

Molti lettori ricorderanno l’esito negativo per alcune opere: il collegamento ferroviario Torino – Lione, il Terzo Valico, la tratta ad alta velocità Brescia-Verona. Probabilmente pochi invece hanno memoria della “promozione” del progetto della Gronda di Genova (pur troppo costoso rispetto alla migliore soluzione possibile) e del passante ferroviario di Firenze. Promozioni e bocciature rimangono valide oggi?

Rispetto a due anni fa possiamo assumere – con un po’ di ottimismo - che non siano variati i costi. I benefici, invece, dipendono dal traffico, che a sua volta ha come determinante principale il Pil. Più si è ricchi, più si viaggia, più si consuma, più merci viaggiano.

Ora, il Pil italiano diminuirà di almeno il 10 per cento nel 2020, e riprenderà a salire con velocità non nota, anche perché non si conosce ancora la tempistica di arrivo delle risorse del Recovery Fund, o la velocità di spesa di queste risorse.

E’ certo invece che il traffico rimarrà per diversi anni al di sotto di quello previsto, di norma stimato ipotizzando una crescita annua più o meno rilevante non considerando mai esplicitamente periodi di contrazione dei flussi.

Inoltre, fino a che la pandemia non sarà conclusa la domanda di traffico ferroviario soffrirà anche a causa del fatto che tutti i veicoli di uso collettivo presentano intrinsecamente un più elevato rischio sanitario.

Un’altra componente destinata a rimanere a un livello inferiore a quello atteso è il turismo estero che per l’Italia rappresenta una quota rilevante della mobilità su lunga percorrenza soprattutto nella stagione estiva.

Ma non vi sono solo effetti di breve periodo. È assai probabile che l’evento pandemico che stiamo vivendo porti a una modifica strutturale nel medio-lungo termine della domanda di trasporto.

Lo smart working e gli incontri di lavoro in remoto ridurranno in modo permanente la domanda di mobilità. Il segmento di offerta che ne risentirà maggiormente sarà quello del trasporto ferroviario che registra una più alta quota di persone che possono usufruire di soluzioni alternative allo spostamento.

Senza contare che la recessione economica rischia di accelerare ulteriormente il declino demografico, già sensibile al Sud, con ulteriori effetti negativi sulla domanda nel lungo termine

Meno traffico e, dunque, benefici più contenuti.

Se i benefici si riducono e i costi rimangono invariati ne consegue che il rapporto tra le due grandezze si riduce. Questo fa sì che si rafforzi il giudizio negativo sulle opere che già non superavano il test dell’analisi costi-benefici.

Diviene invece più incerto quello relativo ai progetti che superavano l’asticella. Una ri-valutazione sarebbe più che opportuna ma non sembra essere alle viste, nonostante gli impatti occupazionali “da cantiere” siano molto modesti.

 Dopo aver deciso di procedere con la realizzazione delle opere per le quali l’investimento non supera il test del rapporto costi-benefici, il governo ora vuole  proseguire in assenza di qualsiasi analisi  della redditività socioeconomica di ciascuna opera.

La tradizionale “lista della spesa” si allunga e ora ricomprende progetti come la Roma – Pescara la cui domanda prevedibile non solo è con buona probabilità molto al di sotto del livello minimo necessario per giustificare la spesa, ma è così bassa che i costi ambientali della fase di cantiere supereranno i benefici conseguiti nell’arco della vita utile dell’opera.

Al danno economico andrebbe così ad aggiungersi la beffa ambientale. A gioire ancora una volta potrebbe essere solo il partito del cemento.

© Riproduzione riservata