La Federal Reserve ha annunciato un piano di aumento dei tassi di interesse per contrastare l’inflazione ed è molto probabile che la Banca centrale europea sarà costretta a seguire questa tendenza, pur se l’inflazione in Europa resta diversa da quella americana, dato che da noi è soprattutto importata attraverso i prezzi dell’energia, mentre negli Stati Uniti si manifesta anche come fatto endogeno.

D’altra parte, la stagione dei tassi di interesse negativi in termini reali (e anche in valori assoluti) non può durare a lungo e, quindi, è da ritenere che anche in Europa si dovrà tornare a un costo del denaro positivo pure in termini reali, quando saranno esauriti gli effetti dell’inflazione importata.

In queste condizioni, la Bce dovrà manovrare il tasso d’interesse cercando di evitare che le aspettative dei mercati alterino questo processo. Questa è la ragione per cui la presidente Christine Lagarde ha annunciato uno scudo anti-spread.

Molti anche (e soprattutto) nel nostro paese, hanno visto questa manovra come un sostegno all’Italia che potrebbe essere penalizzata da un allargamento dello spread che porterebbe i tassi di interesse a livelli molto elevati.

Gli argomenti sono sempre i soliti: i mercati di fronte ad un aumento del costo del denaro penalizzerebbero i titoli dei paesi a forte indebitamento che rischierebbero un fallimento.

Ma lo scudo anti-spread è essenziale proprio quando la Bce è costretta ad aumentare il costo del denaro.

Infatti, se i mercati operassero nel senso di allargare lo spread, ne deriverebbe un’accentuazione della politica antinflazionistica in alcuni paesi (Italia ad esempio) e una riduzione della capacità di frenare l’inflazione in altri paesi (la Germania ad esempio), in un momento in cui andrebbe fatto l’inverso, posto che le tensioni inflazionistiche appaiono più forti in Germania che in Italia.

Senza lo scudo, la manovra della Bce fallirebbe, perché sarebbe o troppo severa per noi o troppo debole per la Germania.

E lo scudo deve poter essere utilizzato automaticamente, in tempi rapidi, ciò che esclude il ricorso all’Omt (Outright Monetary Transactions), elaborate da Mario Draghi nella crisi del 2012 e mai usate, o ad altri marchingegni che presuppongono trattative e condizioni per far scattare gli interventi sul mercato da parte della Bce.

In realtà i mercati, con i loro spostamenti sui titoli, non segnalano rischi di default (che appaiono improbabili) ma scontano un’inazione da parte della Bce, a differenza di quanto fanno le altre banche centrali, ciò che favorisce processi speculativi da cui si possono ricavare guadagni nel breve termine.

E infatti, appena la Bce ha annunciato l’ipotesi di scudo, la speculazione è rientrata.

Ora, però, è necessario che la Bce proceda effettivamente, nonostante le riserve scontate da parte di alcuni membri (sempre i soliti) sostenuti dai rigoristi di casa nostra.

Poi, ovviamente, resta sempre necessario che l’Italia riduca il suo debito pubblico, ma questa è un’altra storia.

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