- Rullano i tamburi, ma poco si sa sui programmi dei gruppi che si contendono Generali, il cui piano triennale esce oggi.
- A Mediobanca, che la controlla col 13 per cento, s'oppongono i Cavalieri del Lavoro Francesco G. Caltagirone e Leonardo Del Vecchio che (con la Fondazione CR Torino), sono oltre il 15 per cento.
- Pare di stare ancora nello Strapaese, che combina ripicche personali e collusioni antiche.
Rullano i tamburi, ma poco si sa sui programmi dei gruppi che si contendono Generali, il cui piano triennale esce oggi. A Mediobanca, che la controlla col 13 per cento, s’oppongono i Cavalieri del Lavoro Francesco G. Caltagirone e Leonardo Del Vecchio che (con la Fondazione CR Torino), sono oltre il 15 per cento.
Uno è un costruttore romano con solidi riferimenti politico-mediatici, l’altro, di umili origini pugliesi, è partito dai Martinitt per realizzare, nell’allora sperduta Àgordo, il gigante mondiale dell’occhialeria.
Essi criticano la gestione di Philippe Donnet, amministratore delegato dal 2016. Ad aprile scade il Consiglio, che aveva deciso di candidare una propria lista; poi è scoppiata la lite. Ora la maggioranza designata da Mediobanca vuol confermare Donnet; contrari i Cavalieri.
La conta si farà in assemblea. Interpellata, la Consob lancia una innocua “consultazione pubblica sull’adozione di un richiamo d’attenzione”. Essa mette però le mani avanti sulla legittimità della lista del Cda e basta qualche suo diafano cenno a possibili paletti a spingere a maggior cautela Mediobanca.
Questa ha frenato la crescita di Generali per non perderne il controllo e i conseguenti profitti. Ha disarcionato ogni presidente che alzasse la testa davanti ai suoi diktat; han ragione a dirlo i Cavalieri, ma ne ha anche Mediobanca a difendere i sei anni di Donnet.
Pare di stare ancora nello Strapaese, che combina ripicche personali e collusioni antiche. Da un lato, per Del Vecchio Mediobanca deve pagare il no alla sua munifica proposta di rilevare l’Istituto europeo di oncologia, dall’altro è singolare che Unipol si curi della stabilità di Generali, sua concorrente domestica.
Irrompono sulla scena mondiale nuovi protagonisti, eppure fino a ieri non s’è parlato di Fintech, banche, assicurazioni, asset management; s’ignora cosa i Cavalieri vogliano fare della corazzata, in uno scenario su cui s’affacciano più agili ordigni. Che entrambi i gruppi ricorrano all’illusionismo denota debolezza, o timore.
Mediobanca ha preso a prestito un 4 per cento di azioni Generali, per esercitare in aprile i relativi diritti di voto. Voterà anche l’alleato De Agostini con l’1,4 per cento, pur venduto a termine; lo farà anche sul fronte opposto Caltagirone con l’1,3 per cento.
Se ne interesserà la Consob? I Cavalieri vanno a tenzone con Mediobanca, dove hanno quasi il 20 per cento Del Vecchio e il 5 per cento Caltagirone. Per essere autorizzato da Bce a raggiungere quella quota, il primo s’è impegnato a evitare influenze improprie sulla banca. Eppure pare che qui un’influenza vi sia, non tanto appropriata. L’Italia che cresce non merita una finanza rattrappita in queste lotte.
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