C’è una idea complessiva, quella di Mario Draghi, e c’è tanta politica, la stessa politica che ha generato la paralisi e la crisi di fiducia che ha generato questo nuovo governo. La lista dei ministri è lo specchio perfetto di una classe dirigente che include il meglio e il peggio. Non poteva essere diversamente, forse, perché questo governo nasce da un fallimento generale di sistema ed è quello stesso sistema che deve rigenerarsi, assumendosi le proprie responsabilità.

Il premier indica una rotta chiara: torna un suo tecnico di fiducia al ministero del Tesoro, Daniele Franco, al ministero del cemento, quello delle Infrastrutture, va Enrico Giovannini, la persona in Italia che più ha  lavorato su un’idea di sviluppo sostenibile. Al digitale non viene messo un figurante in cerca del titolo di ministro, ma l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao.

Nasce un ministero della Transizione ecologica, ottima notizia, lo prende uno come Roberto Cingolani, figura di notevole notorietà scientifica ma sempre legatissima alla politica (e infatti ora lavorava per Leonardo Finmeccanica). Patrizio Bianchi è uno che di idee sulla scuola ne ha e farà bene.

Poi c’è tutto il resto. Molti reduci del governo Conte 2, che non avevano brillato lì e non saranno rigenerati dalla presenza taumaturgica di Draghi (con la Lega in squadra le differenze tra Lamorgese e Salvini al ministero dell’Interno saranno ancora meno).

Si rivede un paladino dei condoni fiscali come Massimo Garavaglia, competente ma leghista fino al midollo, ricompare Maria Stella Gelmini, ricordata come ministro dell’Istruzione solo per le proteste degli studenti. Renato Brunetta riporta la pubblica amministrazione ai tempi del dibattito sui “fannulloni”, ma va detto che molta della trasparenza che c’è si deve a lui. Renzi sostiene che Draghi gli debba il posto, Italia viva perà non ottiene quasi nulla.

A palazzo Chigi Draghi si porta come sottosegretario Roberto Garofoli, già potentissimo capo di gabinetto al Tesoro decaduto tra polemiche per i suoi affari privati (corsi ai magistrati, casa editrice di famiglia) e accuse dai Cinque stelle di conflitti di interesse.

Sarà il governo dei migliori costretti, dalla scelta di Draghi e Mattarella di responsabilizzare la politica invece che aggirarla, a salvare il paese insieme ai peggiori. Incrociamo le dita.

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