Nelle ultime ore della presidenza Trump è tornata in auge la discussione sul “presidential pardon”, il potere presidenziale di concedere la grazia e di commutare le pene. L’esercizio di tale potere da parte del presidente degli Stati Uniti può sostanziarsi nella concessione della grazia per reati federali (non statali), ma non cancella il reato dalla fedina penale del reo. Oltre alla pena porta all’eliminazione di alcune sanzioni accessorie, come il diritto all’acquisto delle armi o la perdita del diritto di voto.

La commutazione della pena fa parte dell’esercizio del potere presidenziale: negli ultimi anni uno dei casi più rilevanti è stato quello relativo a Chelsea Manning, che doveva scontare ben 35 anni di carcere per aver condiviso dei documenti riservati con Wikileaks e che invece ha scontato quasi sette anni di pena. Come posizionare Donald Trump rispetto ai suoi predecessori nell’esercizio del “presidential pardon”? Abbiamo innanzitutto alcuni dati da analizzare.

I dati del dipartimento di Giustizia, che il Pew Forum aveva già riproposto a fine novembre 2020, evidenziavano l’uso limitato delle diverse forme di perdono presidenziale da parte di Trump, in aperto contrasto con le politiche adottate dai suoi predecessori. In particolare, fino al 23 novembre, Trump aveva fatto uso dei poteri di clemenza per 44 volte (28 grazie e 16 commutazioni di pena). Nei suoi otto anni di mandato presidenziale Barack Obama ha fatto uso di questo potere presidenziale per 1.927 volte (212 grazie 1715 commutazioni di pena). A fine dicembre i numeri di Trump erano già in salita e navigavano verso i settanta provvedimenti di clemenza.

Tanto è vero che Jack Goldsmith, professore della Harvard Law School, in alcuni interventi aveva cominciato a lanciare l’allarme sulle modalità di esercizio del potere presidenziale relativo ai provvedimenti di clemenza. Circola ancora in rete un’analisi di Goldsmith, in cui su un file excel sono stati analizzati i diversi provvedimenti al fine di verificare il tasso di “vicinanza politica” al presidente. E infatti nell’analisi relativa ai dati di dicembre emerge come tale potere cominciasse a essere utilizzato in misura sempre maggiore a favore di amici di Trump o di persone a lui vicine. Non che questa sia un’esclusiva trumpiana, basta in tal senso ricordare il provvedimento deciso da Bill Clinton in favore del finanziere fuggitivo Marc Rich.

Diversi osservatori hanno denunciato la creazione di una specie di “mercato del perdono presidenziale” nel quale braisseurs d’affaires vicini al presidente ipotizzavano prezzi per l’accesso all’istituto e proponevano pacchetti all inclusive. In un articolo pubblicato dal New York Times, Michael Schmidt e Kenneth Vogel hanno offerto anche alcuni esempi concreti di questo mercato, come i 50mila dollari pagati a un ex membro dello staff di Trump per interessarsi della concessione della grazia per John Kiriakou, un ex agente della Cia condannato per la diffusione di materiale top secret. Nello stesso caso relativo a Kiriakou sarebbe stato promesso l’interessamento di Rudy Giuliani, per una cifra pari a due milioni di dollari. L’Fbi ha aperto un dossier sulla vicenda.

I provvedimenti finali

Donald Trump, nelle ultime ore della sua presidenza, ha emanato ben 143 provvedimenti di clemenza. Ha fatto discutere, su tutti, quello nei confronti di Steve Bannon, accusato di una truffa nei confronti di moltissimi sostenitori di Trump mediante una raccolta fondi dal titolo “We build the wall” da 35 milioni di dollari che dovevano essere utilizzati per la costruzione del muro lungo il confine con il Messico e invece, secondo l’accusa, sono stati in parte utilizzati per spese personali di Bannon. Di questi 143 provvedimenti di clemenza, 73 sono provvedimenti di grazia e 70 invece riguardano pene che sono state commutate.

Quello relativo a Bannon fa seguito ai provvedimenti di dicembre che avevano già riguardato alcuni membri dell’inner circle trumpiano come Paul Manafort, già responsabile della campagna elettorale e Charles Kushner, padre del genero di Trump. Numerosi osservatori segnalano la necessità di intervenire sulle modalità di esercizio di un potere presidenziale che pare ormai essere utilizzato ben oltre gli scopi per cui i padri fondatori l’avevano introdotto e oltre i confini di un appropriato controllo delle istituzioni, ad esempio tramite un intervento preventivo del dipartimento di Giustizia. C’è un mercato per tutto, ma forse a volte si esagera.

 

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