Il Movimento Cinque Stelle è nel caos, spezzato in due, con Gisueppe Conte e Luigi Di Maio impegnati in una lotta di potere. Non sui princìpi, ma su questioni insignificanti. Premono per arrivare al terzo mandato, o magari al quarto o al quinto. Ci vorrebbe un’idea per uscire da politiche fumose. La gente non si appassiona più perché il Movimento è diventato vecchio. Quanto sono cambiati velocemente i tempi.

Marzo 2018: i marziani del Movimento conquistano Roma, con il 33 per cento alle elezioni politiche.

Le cinque stelle del Movimento erano rappresentate da: acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività. E prima di tutto l’indimenticabile slogan “onestà, onestà, onestà”.

Ai posti di comando le cose sono state un po’ diverse. L’acqua pubblica non è mai diventata una priorità. Le politiche ambientali sono state timide; la modifica dell’articolo 9 della Costituzione, seppur importante, rischia di rimanere confinata nella forma. La mobilità è rimasta un labirinto. Non si ricorda una legge che aiutasse lo sviluppo. Delle politiche digitali non si è saputo più nulla. Delle buche di Roma, invece, si ha profonda memoria.

Rimane l’onestà. Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, finisce nello scandalo dello stadio della Roma e viene cacciato. Un po’ pochino, rispetto alle roboanti promesse di cambiamento.

Al governo, ai pentastellati è mancata la guida, soprattutto quella di Gianroberto Casaleggio, morto nel 2016, mentre la popolarità di Beppe Grillo è scemata passo dopo passo.

Appena un anno dopo le elezioni politiche, la metà degli elettori non c’è più. E Matteo Salvini  decide di sfruttare il magic moment ed esce dal governo. Il Movimento si dimezza al 17 per cento. Grazie al Pd e a Matteo Renzi resta al comando, ma la pandemia mette in ginocchio anche il secondo governo Conte.

I Cinque stelle hanno inanellato una serie di mosse sbagliate. Hanno perso il senso dell’orientamento persino sui loro cavalli di battaglia, a partire dal taglio dei parlamentari. Sull’onda del populismo, invece di una sforbiciatina, hanno insistito sul taglio draconiano, passando da 950 a 600 deputati e senatori. 

Giuseppe Conte ha governato in anni difficili, questo è innegabile. Adorato per la sua pacatezza in mezzo a tanto fracasso, non è stato però in grado di sostenere la situazione. Tanto che Sergio Mattarella ha suonato la campanella e ha chiamato Mario Draghi.

Dopo aver costruito la sua fortuna inneggiando alla diversità, oggi il Movimento si ritrova nella più triste delle normalità. E’ a tutti gli effetti un partito come gli altri, con le correnti, i tatticismi, gli sgambetti.

È la storia del marziano di Ennio Flaiano. Prima stupisce creando grande curiosità, ma presto si aggira ignorato e malinconico per le vie della città. Se non si inventano qualcosa, il futuro non sarà tanto roseo.

© Riproduzione riservata