Zuckerberg sta smantellando lui da solo la negazione di non essere “editore” e di non dover rispondere di quello che Tizio e Caio fanno con lo strumento social che lui predispone. Ma lo fa in modo da ritrovarsi al sicuro più di prima.

Questo sembrerebbe emergere da un articolo del New York Times, dove leggiamo che a maggio scorso il Nostro ha costituito, dotandolo, per cominciare, di 130 milioni di dollari, l’ufficio sorveglianza, che dovrà consigliare se cassare un post o un account oppure un altro. A comporre questa Suprema corte della giustizia a casa propria (Facebook) giuristi insigni, premi Pulitzer e Nobel, primi ministri per il momento a spasso, da 18 paesi dei sei continenti. Ognuno retribuito, pare, con un compenso annuale di sei cifre. Siamo dunque alla svolta tanto attesa, in cui se un Tizio a mezzo Facebook ci danneggia noi lo trasciniamo in tribunale insieme all’editore (Zuckerberg) come s’usa quando il malanno proviene da un giornale? Neanche per idea.

Leggi e rileggi l’accurato articolo e comprendi che quell’augusto consesso serve unicamente a fornire argomenti al Direttore della social ditta quando un Trump o uno stragista la sparano un po’ grossa, il popolo sussulta e magari s’accorge che è proprio il social che sta facendo soldi armando quella mano minacciosa. Di conseguenza la politica si sveglia e Facebook deve dargli in pasto qualche cosa. Noi stessi, ove mai qualcuno ci camminasse sopra i calli, dovremmo rivolgerci a quell’ufficio di Facebook-Sorveglianza, non per farci risarcire (per questo dovremo rincorrere nei sei continenti il colpevole o rassegnarci nel caso sia un utente finto), ma perché quel post sia censurato (aumentandone il risuono) o perfino l’account cancellato.

Di processi veri, con le parti convenute che dicono la loro non c’è traccia: solo un gruppo di papaveri addetti alla fornitura di argomenti per salvare gli affari della Ditta, buoni per i momenti in cui cresce l’attenzione popolare e la politica si butta a cavalcarla, mentre il resto del tempo, racconta una voce dal di dentro, quei Saggi lo passano a ciucciare bagattelle o trappole di senso che sfidano la diligenza dell’algoritmo sentinella.

Come per ogni cosa dalle radici incerte, già si propongono emuli vogliosi e certo se ne prepara un assortimento presso Twitter, YouTube e così via.

Alla sostanza tutti questi Osservatori, se li lasciamo fare prendendoli sul serio, comportano la sussunzione del potere giudiziario nelle società multinazionali, alla faccia dei poteri politici che eleggiamo (andando alle urne e non fornendogli il pasto dei clic con cui si riempiono di soldi).

Però, c’è di buono che almeno se ne parla e che non stiamo a gingillarci, al solito, circa la privacy, se sia sacra e inviolabile dove più e dove meno.

 

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