Finite le giornate di Pasqua in zona rossa, con restrizioni uniformi in tutt’Italia, è tornata la differenziazione delle Regioni in “colori”. Il meccanismo – attuato da novembre, con la supervisione di una Cabina di regia – nei mesi scorsi ha subito una serie di “innesti” normativi, con un affastellamento di disposizioni sancite da fonti di livello diverso tra le quali è ormai arduo orientarsi. Può essere utile districare la matassa regolatoria e fare il punto della situazione.

Il susseguirsi delle regole

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 05 Aprile 2021 Roma (Italia) Cronaca : Pasquetta sul litorale di Ostia Nella foto : posto di blocco dei Carabinieri April 05, 2021 Roma (Italy) News : Easter Monday in the Roman coast of Ostia In The Pic : carabinieri police checkpoint

A gennaio un decreto legge (n. 2) ha modificato il sistema di classificazione delle Regioni, cui sono collegate maggiori restrizioni all’intensificarsi della colorazione. All’analisi del rischio (definito su probabilità e impatto, in base a 21 indicatori, combinati da algoritmi) e all’indice Rt (che determina 4 scenari di rischio) si è aggiunto il fattore dell’incidenza settimanale (50 casi ogni 100.000 abitanti).

Il sistema poi è cambiato ancora nel mese di marzo, quando un decreto-legge (n. 30) ha disposto che, a prescindere dai criteri di classificazione già previsti, fossero inserite in zona rossa le regioni con una «incidenza cumulativa settimanale dei contagi» superiore a «250 casi ogni 100.000 abitanti»; e che misure da zona rossa potessero essere prescritte dai presidenti di regione «nelle province in cui l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi» fosse pari a quella sopra indicata o «nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determina alto rischio di diffusività o induce malattia grave». Tali disposizioni, inizialmente valide fino al 6 aprile, sono state poi estese a tutto il mese di aprile (d.l. n. 44/2021).

Sempre a proposito di colori, il decreto legge di marzo ha pure previsto che alle regioni classificabili come “gialle” si applicassero comunque le misure da zona arancione, prorogate poi anch’esse, così che l’intero territorio nazionale fosse tutto arancione o rosso fino a fine aprile.

Questa norma - di ardua interpretazione, perché opera una serie di rimandi a più articoli di svariati provvedimenti – ha attestato il fallimento del sistema dei colori: a una certa classificazione non sono associate le restrizioni ad essa proporzionalmente connesse, ma quelle della zona di livello più elevato.

E la confusione è tale che il legislatore talora dimentica qualche tessera del puzzle regolatorio. Ad esempio, se una Regione passa in zona rossa in base al sistema dei 21 indicatori, è prescritto che essa debba consolidare per 14 giorni risultati migliori prima che un’ordinanza del ministro della Salute la faccia scalare in una fascia di rischio inferiore.

E se invece una Regione diviene “rossa” in base all’unico criterio dell’incidenza dei contagi, il periodo di consolidamento va comunque rispettato o si scala di colore appena l’incidenza scende? La norma non lo dice, ma – mettendo insieme tutti i pezzi della normativa – sembra che l’attesa di due settimane si possa evitare.

Il caos scuola

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 05 Aprile 2021 Roma (Italia) Cronaca : Pasquetta sul litorale di Ostia Nella foto : posto di blocco dei Carabinieri April 05, 2021 Roma (Italy) News : Easter Monday in the Roman coast of Ostia In The Pic : carabinieri police checkpoint

Con l’introduzione del sistema dei colori, mediante il Dpcm del 3 novembre, in zona rossa era stata prescritta la didattica a distanza in tutte scuole, salvo materne, elementari e prima media (a partire da gennaio, nelle zone arancioni, in presenza anche alle superiori, ma in percentuale). Ciò nonostante, la sovrapposizione di competenze fra potere centrale e locale aveva fatto sì che la didattica in presenza fosse comunque vietata anche in queste scuole in alcune parti del paese, generando un caos cui avevano contribuito pronunce dei tribunali.

Poi, con il Dpcm del 2 marzo si è fatto un passo ulteriore, mediante la previsione di una restrizione mai adottata prima: la sospensione della didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado in zona rossa, quindi anche di quelle di grado inferiore che non erano mai state chiuse. Ma con il decreto-legge del 1° aprile il governo ha di nuovo fatto marcia indietro, con una norma che riapre in presenza materne, elementari e prima media.

Inizialmente, nella versione di quest’ultima norma circolata in bozza prima del Consiglio dei Ministri, sembrava che essa fosse inderogabile, con l’effetto di riordinare parzialmente competenze centrali e regionali. Poi la disposizione è cambiata: la versione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, nel mentre sancisce l’inderogabilità, da parte di presidenti di regione e sindaci, delle attività in presenza nei primi gradi dell’istruzione, ne consente comunque la derogabilità, «in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica», con provvedimenti «motivatamente adottati» e «nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità».

Qualcuno afferma che le possibilità di deroga sono comunque strettamente limitate. Ma la norma non le limita più di quanto già non fosse. Essa, infatti, ribadisce i normali presupposti delle ordinanze “extra ordinem” - situazioni di urgente necessità - quali sono quelle di presidenti di regione e sindaci.

Peraltro, nonostante la disposizione sulle scuole in presenza ammetta chiaramente la propria derogabilità, nelle premesse del decreto si continua a dire che essa è inderogabile. Forse è una svista.

In tema di istruzione, inoltre, il governo dovrà fare i conti con due recenti pronunce dei giudici amministrativi, secondo i quali le norme sulla scuola adottate con Dpcm del 2 marzo vanno riesaminate, con più congrua e adeguata motivazione, basata su evidenze scientifiche. Ma il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ha di recente affermato che «dati precisi sulla scuola non ci sono». Dopo 14 mesi dall’inizio della pandemia, questa è ancora la situazione.

La deliberazione del Consiglio dei ministri.

Per tutto aprile alle zone “gialle” si applicheranno le misure da zona arancione. Tuttavia, nell’ultimo decreto-legge si dispone che deroghe e modifiche a tali misure, quindi anche le “riaperture”, potranno essere disposte - «in ragione dell'andamento dell'epidemia, nonché dello stato di attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini» - mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Tale deliberazione sembra rappresentare una terza via tra decreti-legge e Dpcm. Non si tratta di un atto avente forza di legge, come i decreti-legge, che pure sono deliberati in Consiglio dei ministri, ma è più assimilabile a un atto amministrativo, come i Dpcm.

Tuttavia, a differenza di questi ultimi, la deliberazione non attua una legge, bensì potrà derogarvi, e senza che la legge stessa fissi criteri precisi cui la derogabilità è condizionata. Insomma, con l’ultimo decreto pare sia stato introdotto un ulteriore strumento di gestione della pandemia, anch’esso problematico e di cui non si sentiva la mancanza.

Da quanto fin qui esposto appare palese che, mentre in Italia le semplificazioni sono un evergreen in ogni settore, per contrastare il Sars-Cov-2 si è andati in senso opposto. Sarà forse anche per questo che gli effetti auspicati della normativa stentano ad arrivare?

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