Per una polizza contro il furto l’assicurazione mi chiede di installare un allarme. Vuole evitare l’”azzardo morale”, cioè che io trascuri di difendermi dai ladri visto che sono assicurato. L’espressione è usata anche per il comportamento azzardato di un debitore che pensa di poter comunque prolungare il proprio debito poco oneroso, di venir aiutato gratuitamente a ripagarlo se gli riuscirà difficile o, addirittura, di poterlo cancellare senza penalità: farà allora meno attenzione a usare produttivamente il denaro preso a prestito.

Quando nacque l’euro si pensò che i governi nazionali, avendo rinunciato a stampar moneta ma non a indebitarsi in moneta comune, potessero eccedere nell’indebitamento per “azzardo morale”, pensando cioè che se fosse subentrata una difficoltà a pagar gli interessi e a ripagare il debito, sarebbero stati aiutati dagli altri membri dell’eurozona interessati a evitare, in un’eurozona molto integrata, di subire conseguenze dal default del Paese debitore.

Il Trattato di Maastricht vietò allora il salvataggio di un paese insolvente e il Patto di stabilità cercò di prevenire e correggere conduzioni azzardate delle finanze pubbliche nazionali. Ma il Patto non funzionò e la crisi dell’eurozona, cominciata nel 2010, vide diversi paesi sostanzialmente insolventi. L’Unione trovò allora modi creativi per superare il divieto di salvataggio del trattato e costituì un organismo che nel linguaggio corrente chiamiamo addirittura il fondo “salva Stati”.

Dopo l'austerità

Contro l’azzardo morale è rimasta solo la minaccia che gli aiuti siano accompagnati dalla richiesta di politiche di improvvisa e forte austerità, come è successo ad alcuni dei Paesi salvati dalla crisi dell’eurozona. Negli ultimi anni è però subentrata la Bce con acquisti massicci e continui di titoli di Stato, promessi anche per il futuro, che hanno abbassato molto i tassi di interesse anche a lungo termine.

Con grandi quantità del proprio debito pubblico detenute dalla banca centrale e trasformate in moneta, il pericolo di insolvenza è apparso ridotto ma gli azzardi della finanza pubblica incoraggiati.

Quando è giunta la crisi pandemica sono subentrate nuovi, enormi fabbisogni pubblici. È nata l’esigenza di consentire l’ampliamento dei debiti dei Paesi, sospendendo del tutto il Patto di stabilità, di rafforzare gli acquisti di titoli della Bce e di trovare nuove forme di solidarietà comunitaria, come il New Generation Eu (Ngeu), per aiutare i Paesi membri più colpiti dalla pandemia.

Nel fare tutto ciò si è pensato di poter escludere il pericolo di azzardo morale, come privo di senso: non si tratta infatti di promettere aiuto nel caso di bisogno ma di constatare il bisogno, giunto improvviso e imprevedibile, affrontando indiscutibili esigenze vitali di economie che si fermavano per ragioni sanitarie.

D’altra parte ai pacchetti di aiuti comunitari contro la disoccupazione (Sure), per le spese sanitarie (Mes), e per Next Generation Eur (Ngeu), si sono associate forme specifiche di controllo sulle modalità di utilizzo. Gli interventi di politica monetaria, che quantitativamente hanno per ora di gran lunga dominato ogni altra forma di sostegno anti-pandemico, sono invece rimasti del tutto incondizionati.

Il pericolo dell’instabilità

La questione dell’azzardo morale non è però superata. Il suo mancato riconoscimento rischia di minare la qualità delle politiche economiche dei Paesi, di creare instabilità finanziaria e di nutrire sfiducie fra i Paesi membri e fra di loro e gli organi dell’Ue.

In ciò l’Italia è il paese al momento più rilevante. L’equivoco consiste nel fatto che se è vero che le esigenze della pandemia erano imprevedibili e sono indiscutibili e vitali, è altrettanto vero che possono essere affrontate con interventi di qualità molto diversa.

Se i pacchetti di aiuti cercano, in vari modi, di controllare questa qualità, la politica monetaria non lo fa e i suoi acquisti di titoli pubblici rendono persino meno essenziali e urgenti gli aiuti. Ciò è evidente nel caso del Mes, che nessuno sembra volere e la cui convenienza è andata diminuendo di mese in mese con la discesa dei tassi di interesse prodotta dalle politiche della Bce.

È possibile che l’opportunità di finanziare le urgenze sanitarie col debito pubblico corrente, senza nemmeno doverle elencare in chiaro nel rapporto col Mes, non contribuisca a elevare la qualità delle spese corrispondenti né la loro priorità rispetto ad altre spese politicamente più convenienti.

Sarebbe ancor più grave se un fenomeno del genere finisse per coinvolgere i programmi Ngeu, ritardando e deteriorando gli investimenti e il controllo di qualità delle spese, che dovrebbero seguire gli indirizzi comunitari, fino a consentire ad alcuni paesi, come già si sente dire, di usare solo parzialmente le somme stanziate dall’Ue. Il celebrato “coordinamento” della politica monetaria con quella di bilancio comunitaria risulterebbe allora esser stato dannoso fino a compromettere gli obiettivi della seconda.

L’età del tasso a zero

Se queste considerazioni possono esser frutto di pessimismo, appaiono meno peregrine tenendo conto che si stima che la banca centrale abbia acquistato quest’anno titoli di Stato italiani per il 25 per cento in più del nostro deficit pubblico che ha superato il 10 per cento del Pil, rapporto più che sestuplicato dall’anno scorso.

Il rendimento dei Btp a 10 anni supera di poco il mezzo punto percentuale, 90 punti base meno che all’inizio dell’anno e ben 180 meno che a metà marzo.

In Spagna la compressione verso il basso dei rendimenti a 10 anni è stata meno della metà, eppure la Spagna è ora in grado di indebitarsi a 10 anni pagando un tasso inferiore allo 0.05 per cento! I titoli di Stato italiani a inizio anno erano negativi fino alla scadenza di 2 anni, oggi lo sono anche per i 5 anni e a 7 anni sono lo 0.1 per cento.

Per valutare lo schiacciamento dei tassi durante la pandemia si può anche ricordare che esso segue anni di rapida riduzione: a metà 2014 i Btp a 10 anni, ad esempio, rendevano il 3 per cento, contro lo 0.5 di adesso! La politica monetaria, oltre ad abbassare molto i tassi, ha appiattito la loro struttura per scadenze: dall’inizio dell’anno la differenza fra il rendimento dei Btp a 10 anni e a 2 anni è scesa di 40 punti (il doppio della Spagna), quella fra il rendimento a 20 e a 10 anni di 85 punti.

Speriamo che gli aiuti di Francoforte non sciupino il grande sforzo politico che ha dato luogo a quelli di Bruxelles.

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