Da sempre le maggioranze illiberali si presentano come vittime oppresse, è la premessa per giustificare poi qualunque reazione estrema. Vladimir Putin era vittima dei nazisti ucraini, Viktor Orbàn in Ungheria era vittima delle Ong finanziare da George Soros, Donald Trump perseguitato dai democratici che volevano negargli una vittoria elettorale che gli spettava, dunque assaltare il parlamento era non solo legittimo, ma doveroso. Anche Matteo Salvini ha usato per anni i social per presentarsi come vittima: dei centri sociali, dei radical chic, dei poteri forti, di quelli deboli…

Come Salvini e Trump e i fautori di democrazie illiberali, anche Meloni cerca la sua legittimazione facendo la vittima. Certo, è paradossale che abbia scelto di presentarsi come vittima di questo giornale.

In un editoriale ho scritto che gli appelli a “non demonizzare” l’avversario mi hanno sempre convinto poco, perché di solito a fare così si perde. E perché le destre temono eccome di essere “demonizzate”. Ho fatto un paragone con una serie tv, Game of Thrones, nella quale casate molto divise tra loro si compattano per resistere a un nemico comune, l’armata dei non-morti.

Al Re della Notte non chiedono come pensava di governare, quale programma aveva per i territori occupati o quali proconsoli pensava di nominare. Stabiliscono che è una minaccia esistenziale e si compattano.

Giorgia Meloni non è laureata, ma almeno le superiori le ha finite: dovrebbe conoscere il significato di similitudine. Soprattutto perché la festa del suo partito, Atreju, è ispirata a un libro fantasy.

Un paragone con una serie tv non è un invito ad affrontare i militanti di Fratelli d’Italia con picche e balestre, come evidente a qualunque lettore normodotato.

Nel mio articolo non c’era alcun invito alla violenza, mentre il post Facebook di Meloni è una chiamata al linciaggio social da parte dei 2,3 milioni di follower della leader di Fratelli d’Italia, che infatti chiama non include il collegamento all’articolo originale: lo scopo è chiamare l’insulto, non dibattere, sia pure in modo acceso.

La folla aizzata da Meloni risponde, gli insulti non mancano, ma ci sono anche spunti interessanti. Molti fan  chiedono di togliere i finanziamenti pubblici a Domani, che però non li ha mai presi, a differenza del Secolo d’Italia, giornale di partito che è stato l’unico datore di lavoro di Meloni. Secondo un’inchiesta del Fatto Quotidiano, il Secolo ha ottenuto in totale ben 69 milioni di euro pubblici in 24 anni.

 Altra cosa interessante: a vari commentatori del post di Giorgia Meloni non interessano le polemiche, ma chiedono di salvare il reddito di cittadinanza, perché senza non campano. Ma insultare i (pochi) media che non la omaggiano come futura statista è per Meloni assai più facile che dare risposte ai problemi concreti.

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