Persona, Occidente, autorità. Le indicazioni di Valditara sono un manifesto di nazionalismo identitario

Nelle Premesse culturali delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo, appena firmate dal ministro Valditara, si ricorda che la scuola è «al centro del progetto di Paese» della Repubblica italiana, ed è un «bene sociale comune di inestimabile rilevanza». Se queste parole fossero sincere, prima di essere licenziato, questo documento avrebbe dovuto essere sottoposto a una discussione ben più ampia di quella all’interno della Commissione di nomina ministeriale che l’ha redatto. Invece, il documento è rimasto pressoché impermeabile a molte delle obiezioni rivolte alle versioni già circolate e ha confermato le peggiori previsioni: lasciando perdere i dettagli (ma li si dovrebbe discutere tutti), si tratta di un manifesto ideologico di nazionalismo identitario, con involontari (si spera, almeno) accenti comici. Innanzitutto, il documento ospita una specie di Teoria dell’Origine Occidentale del Tutto, che fa invidia alle filosofie della storia o alle Grandi Narrazioni più spericolate del passato, e forse ha anche meno cautele. Hanno origine occidentali (qualsiasi cosa l’Occidente sia e l’aggettivo “occidentale” significhi) la nozione di “persona” e le concezioni personalistiche che innerverebbero il diritto romano, la Costituzione italiana, la Dichiarazione universale dei diritti umani e la scuola che il ministro ha in mente. Siete d’accordo o molto d’accordo? La consultazione farsa del ministero In queste indicazioni non si parla di filosofia e storia della filosofia. È sperabile che, quando se ne parlerà in altre indicazioni, chi consiglierà Valditara sappia con garbo fargli presente che il medesimo concetto può assumere accezioni molto diverse in contesti differenti e che la gloriosa filosofia personalista ha molte origini – e per fortuna alcune sono distintamente non occidentali (ministro, basta un’occhiatina alla voce enciclopedica sul personalismo nella Stanford Encyclopedia of Philosophy). Sono occidentali le origini della libertà, dello studio e dell’importanza della storia, della democrazia, e così via, secondo Valditara. Qui non rileva contestare questa sorta di Grande Genealogia Occidentale del Presente. Conta solo far notare l’ansia di incastonare nella scuola questo progetto nazionalista identitario. L’altro momento principale di quest’operazione ideologica è la parte dedicata alla storia, descritta essenzialmente come storia di nazioni e popoli, con attenzione all’Italia e al solito Occidente, e come narrazione e ricostruzione del senso morale e del motore della storia. Nelle nuove indicazioni nazionali più latino e storia d’Italia: la scuola sovranista guarda al passato Il documento si scaglia contro l’idea di un insegnamento della storia basato su fonti e documenti, che sarebbe obiettivo troppo difficile e «irrealistico», a favore invece di una didattica «narrativa» della storia, che ne tragga la morale, l’«implicito ammaestramento», dice il documento. Alla faccia di Montale, che pure dovrebbe stare in qualcuno dei tanti Pantheon della destra, e del suo ammonimento secondo cui la storia non è magistra di niente che ci riguardi. Ma le parti più godibili del documento sono i comici slittamenti da questi massimi sistemi agli spiccioli autoritari che premono evidentemente a Valditara e ad alcuni degli altri estensori. Il valore della scuola come bene sociale comune apre alla predica contro chi danneggia, deturpa, sporca le pareti della scuola e offende gli insegnanti: dall’istituzione all’edilizia e al decoro borghesuccio. E da qui all’insegnante come superiore gerarchico, guida autorevole e scopritore-valorizzatore di talenti, talenti che sarebbero realizzazione dell’articolo 3 della Costituzione, quello che parla della rimozione degli ostacoli economici e sociali che limitano libertà ed eguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Lo sviluppo della persona e il personalismo di Valditara si concretizzano in un’attenzione ai talenti, che certo sono evangelici, ma anche molto contemporanei: il personalismo dei talent. E la libertà, di cui pure si parla molto, viene descritta come «allenamento all’autogoverno» ottenuto «in virtù delle regole», ma soprattutto come «comprensione del principio di autorità». D’altra parte, il documento ricorda, appunto, che il magister è, etimologicamente, magis, di più. Se è per questo, il minister è minus, di meno. E dovrebbe essere al servizio di tutti i cittadini e delle cittadine di cui è servitore, non di un progetto ideologico di parte.