Marco (il nome è di fantasia) ha 38 anni, una splendida famiglia con due bambini di sette e tre anni. Sia lui che la moglie hanno un lavoro regolare, vuol dire non precario. La bambina più grande frequenta la scuola pubblica, il piccolino viene segnato a un nido comunale.

Nel rispetto scrupoloso delle regole previste dal bonus nido Marco si rivolge allo sportello dell’Inps corredando la domanda di tutti gli estremi richiesti. Seguendo le indicazioni la famiglia rimane in attesa del riscontro dall’Istituto, di prassi richiede al massimo 40 giorni dal deposito della domanda. Invece di giorni, anzi mesi, ne passano poco più di quattro senza che giunga un cenno di replica.

La segnalazione

A quel punto Marco si arma di coraggio e percorre la via del contatto diretto, telefona al numero indicato sui moduli e chiede all’operatore, che per altro si mostra comprensivo e disponibile, come fare a ricevere una risposta. Il consiglio è di avanzare una segnalazione di mancato riscontro alla domanda depositata mesi prima, cosa che l’operatore provvede a fare di buon grado in tempo reale, cioè nell’arco della telefonata stessa e per via informatica.

La rassicurazione è che in un tempo certo, indica al massimo quattordici giorni, la famiglia avrebbe ricevuto il feedback atteso. Passano le due settimane e una volta scollinata anche la scadenza frutto della segnalazione Marco ricontatta l’operatore (che gentilmente aveva lasciato il proprio nominativo e recapito).

Lo stupore di quello alla notizia circa il fatto che nessuna risposta era giunta pare sincero e a quel punto il consiglio è di concordare un appuntamento. Si può optare per un incontro in presenza o una telefonata dall’Istituto nel giorno e orario convenuti.

La telefonata

La sede della direzione Inps a Roma (Foto LaPresse)

Marco sceglie la via di una conversazione al telefono anche se non fa nulla per nascondere lo scetticismo sulla possibilità che il nuovo impegno venga effettivamente rispettato. Per il tanto di confidenza che si è oramai stabilito si spinge persino a proporre all’operatore una scommessa sul fatto che a ora e giorno convenuti il telefono non sarebbe comunque squillato.

L’altro (in questo un dipendente fedele alla causa!) spende argomenti rassicuranti e i due, quasi vecchi compari, fissano la telefonata alle 8 e 45 del mattino di un giorno feriale successivo di altre tre settimane. La data arriva puntuale (il calendario non tradisce), invece a non arrivare “puntuale” è la telefonata dell’Istituto.

Marco matura uno stato d’animo di sconforto che tende a una più comprensibile irritazione però si fa coraggio e (per la terza volta) ricontatta l’operatore con cui si è stabilita una relazione di reciproca comprensione.

Un nuovo appuntamento

Il colloquio si svolge il giorno stesso della mancata telefonata (quella concordata come “appuntamento”), Marco non demorde e decide di tagliare la testa al toro: chiede di fissare un appuntamento, ma questa volta non telefonico, preferisce farlo in presenza. Insomma pure di metter fine a quella telenovela infinita è disposto a recarsi a piedi allo sportello per ottenere finalmente la risposta che la famiglia attende da un semestre.

Beh, che succede a quel punto? Cioè qual è la risposta dell’operatore alla richiesta di fissare l’appuntamento finale, quello destinato a sciogliere il busillis? Ma è una risposta semplicemente fantastica: «Mi spiace veramente, ma oggi non è possibile fissare l’appuntamento». E Marco di rimando, «E perché?». «Ma perché oggi è il giorno dell’appuntamento!» (quello telefonico delle 8 e 45 rimasto senza esito). Commovente. Con una sola chiosa: qualcuno lassù dica a Kafka che era un dilettante!

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