L’Italia è sempre più un mosaico di territori con troppe disuguaglianze

Che l’Italia stia arretrando su tante dimensioni dello sviluppo sostenibile (per povertà, disuguaglianze, sistemi idrici, ecosistemi terrestri, governance e partnership il nostro paese sta peggio ora di 15 anni fa) lo aveva mostrato un mese fa il Rapporto annuale dell’ASviS. Il Rapporto ASviS dedicato ai territori, pubblicato e presentato l’11 dicembre, mostra un mosaico fortemente disomogeneo, dove avanzamenti convivono con arretramenti anche all’interno di una regione, senza parlare dello storico divario tra nord e sud, tra città e aree interne, tra pianure e montagne. Rinunciare al futuro Il Rapporto segnala che solo uno dei 14 goal analizzati (economia circolare) registra progressi significativi nella quasi totalità di regioni e province autonome, mentre per quattro goal i miglioramenti sono contenuti e per altri cinque si ha un peggioramento. Il Mezzogiorno resta in ritardo, ma alcune parti di esso mostrano performance incoraggianti su energia, economia circolare e biodiversità. Questo patchwork non è frutto di un caso, ma di scelte politiche che continuano a relegare la questione delle disuguaglianze territoriali in un angolo, mentale e culturale. Il motto dell’Agenda 2030 approvata dall’Onu nel 2015 è «che nessuno venga lasciato indietro», ma leggendo il Rapporto l’impressione è che stiamo rinunciando proprio a questo modo di vedere il nostro futuro. Una politica di coesione territoriale inefficace e la ridotta capacità amministrativa degli enti locali rischia di farci perdere le ingenti risorse europee stanziate per il periodo 2021-27, invece che usarle come motore dello sviluppo nel periodo post-Pnrr. La mancanza di regole nazionali per la gestione dei territori e la rigenerazione urbana, e l’ostinato rifiuto di dotarsi di una strategia nazionale per le città limitano la coerenza delle politiche settoriali nazionali, frenando la voglia di sindache e sindaci di trasformare le città, e specialmente le periferie, all’insegna della sostenibilità a tutto tondo. Le proposte dell’ASviS delineano un percorso diverso, finalizzato in primo luogo a costruire una governance multilivello capace di promuovere convergenza tra politiche urbane, coesione territoriale, transizione climatica e innovazione tecnologica e sociale. Serve una legge quadro sul governo del territorio, che consenta di superare frammentazioni e rischi di competenze nazionali, regionali e locali. Serve un’Agenda urbana nazionale che trasformi programmi e fondi settoriali in strumenti trasformativi all’interno di una visione coerente, orientata alla sostenibilità e alla resilienza di fronte ai rischi climatici e alla riduzione delle disuguaglianze. Per troppi giovani partire non è una scelta e restare non è un’opzione Il banco di prova Non si tratta solo di norme, ma di una diversa concezione dello spazio in cui viviamo. Le aree interne, che coprono il 60 per cento del territorio nazionale, rappresentano un banco di prova cruciale. Il Rapporto propone azioni concrete: rafforzamento della Strategia Nazionale per le Aree Interne e della sua governance, incentivi per nuove imprese e startup locali, programmi di formazione mirata, rigenerazione del patrimonio abitativo. Altrettanto decisivo è il capitolo sul rischio climatico: l’Italia è un hotspot e le città sono il punto di massima vulnerabilità, ma anche il luogo dove possono nascere soluzioni innovative di transizione ecologica e finanza climatica. La recente Nature Restoration Law europea, imponendo il contenimento del consumo di suolo e l’aumento della copertura arborea e dei servizi ecosistemici, richiede una revisione profonda della pianificazione urbanistica. L’Italia è chiamata a definire entro il 2026 il proprio Piano nazionale per ripristinare il 30 per cento delle aree degradate entro il 2030, il 40 per cento entro il 2040 e il 50 per cento entro il 2050. Si tratta di un’occasione storica non solo per migliorare la qualità della vita delle persone, ma anche per creare occupazione di qualità, portando a unità le legislazioni e i piani esistenti in materia. Infine, ma non meno importante, il tema della qualità dell’abitare. Le proposte dell’ASviS – fondi stabili per l’affitto, nuovi investimenti nell’edilizia sociale, poteri più forti ai comuni – indicano una strada possibile per restituire equità e vivibilità alle città. In conclusione, il Rapporto Territori ricorda che la sostenibilità non è un esercizio retorico, né un affastellarsi di progetti slegati. È un metodo. Richiede coerenza, visione di lungo periodo, capacità amministrativa e politiche coerenti ai diversi livelli istituzionali. I territori non aspettano: è il momento di ascoltarli, comprenderli e costruire insieme un paese equo e sostenibile. Salute, lavoro e ambiente: l’appello contro la deregolamentazione dei diritti da parte della Commissione Ue