Decriptare Robinson: sottocultura e simbolismi dell’assassino di Kirk

La cosa più grave nell’uccisione di Charlie Kirk è la sua morte. Poi ci sono le conseguenze di questa morte per la sua famiglia. Poi le conseguenze per lo stato della discussione democratica e della resistenza dei regimi democratici alle lusinghe dell’eversione violenta. Di queste fa parte l’oscurità sinuosa che ha circondato la simbologia e le intenzioni del presunto assassino. Robinson ha inciso sui proiettili una serie di slogan che, si dice, corrispondono a meme e a frasi ricorrenti in videogiochi molto diffusi in certi gruppi di giovani. Il “Bella ciao” di cui si è parlato è ironico e rovescia il senso dello slogan antifascista e questo accade per altri slogan, che prima hanno indotto alcuni frettolosi e altri in malafede ad ascrivere l’identità politica di Tyler Robinson alla sinistra, poi si sono rivelati per quello che sono: segni cifrati, tic verbali, ammiccamenti di una specifica sottocultura giovanile, il cui orientamento è irriducibile alle culture politiche del Novecento, forse. (Uso ‘sottocultura’ in senso antropologico, non dispregiativo, per riferirmi a una cultura, con tutta la sua complessità, che si distingue dai modelli culturali dominanti.) La violenza della lingua e la democrazia. La profonda irresponsabilità di Meloni Le novità Non è detto che questa sottocultura sia ascrivibile alla destra tradizionale, o a gruppi di destra estrema, come i groypers, come si diceva sino a poco tempo fa. E si parla, di recente, di una conversione di Robinson all’attivismo pro Lgbtq+ (o almeno questo è quello che dice la famiglia, secondo alcune fonti, e quello che si evince da alcuni messaggi al partner, secondo altre). Rimane la possibilità, per un giovane a suo modo tipico, di lanciare messaggi cifrati che giornalisti, investigatori, politici non capiscono subito – anche quando li usano per i propri fini meschini di polarizzazione. Naturalmente, non è una novità. Sempre i giovani hanno costruito linguaggi e nicchie di senso, gelosamente protette. E sempre gruppi che si sentono marginalizzati hanno reagito al loro senso di esclusione o inferiorità costruendo orizzonti culturali di senso. Le novità sono altre. La prima: le sottoculture fanno un uso ironico, post-modernista, delle categorie, a volte di quelle dell’avversario a volte di quelle che sarebbero proprie. Colpisce l’uso da parte dello stesso Kirk e di chi lo sosteneva della retorica della libera discussione e del libero pensiero. Un camuffamento di posizioni sostanzialmente irrazionaliste e dogmatiche, secondo molte ricostruzioni, nascoste da una retorica liberal, illuminista. La seconda: queste sottoculture sono un’arma decisiva degli strateghi dell’eversione populista, al di là delle intenzioni di chi le anima e ci vive dentro. La prontezza con cui Trump ha usato il pretesto per rinfocolare la sua battaglia eversiva la dice lunga. Per la destra, regimi ironici e post-moderni, che consentono di stravolgere le verità, sono un’arma potente. Le reali intenzioni di Robinson e i suoi orientamenti non contano. Contano gli usi possibili delle sue parole, della sua performance. Gli effetti retorici contano molto più delle intenzioni e dei contenuti. Guerra al dissenso: perché le destre sfruttano l’omicidio di Kirk Le lezioni Da queste novità derivano delle lezioni per la sinistra progressista. La prima, che avevo già sottolineato qui riprendendo una lettera a Schlein di Carlo Trigilia e Nadia Urbinati, è la seguente: queste sottoculture vanno conosciute e decifrate e hanno spesso molto più peso delle vecchie ideologie del Novecento o della discussione mainstream fra intellettuali, politici e ceto medio colto riflessivo. C’è una faglia generazionale che divide il mondo sotterraneo e ribollente della cultura videoludica, ma anche della manosfera, dei social e dell’attivismo più o meno no global dal livello ufficiale della discussione – giornali, TV, dibattito politico. Certi linguaggi che prendiamo dal secolo scorso non hanno corso per le persone giovani che abitano quei mondi. Ma queste persone incidono sul mondo. Non si può non parlare con loro, non si può non comprenderli. La seconda lezione: bisogna tenersi caro il regime classico della verità. Bisogna continuare a insistere che libertà di pensiero e discussione significano rispetto dei fatti e delle regole della logica e della democrazia, non semplicemente video efficaci, e che certi slogan, decontestualizzati, perdono il loro significato. La verità e la logica sono un patrimonio della sinistra illuminista da difendere. Le sottoculture vanno conosciute. Ma l’emancipazione democratica è dialogo trasparente e chiarezza, non allusioni e violenza.