Il genio e l’impostore hanno qualcosa in comune. Prima però dirò in cosa differiscono.

Il genio è una persona dotata di intelletto e di talento eccezionali, l’impostore è chi inganna gli altri facendo credere di essere quello che non è. Il genio, dunque, è anzitutto colui (colei) che “è”. L’impostore, invece, è colui che non è, nel senso che è definito dall’inganno che mette in scena.

Il genio, inoltre, è genio interamente, trattandosi di un concetto qualitativo che abbraccia l’essere per intero (non sei un genio al venti percento). Il concetto è collegato a un interruttore: se l’interruttore si accende, sei un genio, se non si accende, no. Il genio, insomma, è un’investitura, e a concederla è la realtà (o il divino per chi crede): è la realtà a creare il genio.

Per contro, l’impostore crea sé stesso. Non si sceglie di essere un genio, si sceglie però di essere un impostore. Ciascuno di noi contiene in sé il germe dell’impostore, mentre pochissimi sono un genio. E si può essere impostore in un certo momento della vita, poi smettere di esserlo, pentirsi, espiare. Mentre non si può decidere di smettere di essere un genio. Si può morire, ma se il mondo ha saputo dell’esistenza del genio, se ne ricorderà, e la traccia resterà. Si può, questo sì, scegliere di non sfruttare il proprio genio. Alcuni diranno che il genio da solo non basta, che senza l’impegno e il lavoro il genio resta un’ipotesi. E questo è vero, esistono persone che sono un genio e non lo scopriranno mai.

Anni fa ho letto un articolo che parlava dei test di intelligenza, quelli che alla fine assegnano un quoziente intellettivo. Non entro nel merito della rilevanza dei test, mi interessa lo schema. L’intelligenza, secondo questa impostazione, è definita in base a un numero: cento corrisponde all’intelligenza media, sopra cento troviamo le persone molto intelligenti, poi le persone estremamente intelligenti, fino ad arrivare al genio. Molto sopra l’intelligenza media, ma sotto il genio, si trova una zona che l’articolo definiva così: “Persone estremamente intelligenti, ma non geniali, che tuttavia sono spesso percepite come geniali dagli altri”. Impostori, dunque? Difficile dirlo. Talvolta facciamo fatica a riconoscere il genio, e chiamiamo genio una persona che è solo estremamente intelligente, ma che è capace di dare la sensazione di essere un genio. Il genio spesso non è riconosciuto. Può passare tutta la vita nel dimenticatoio. Anche l’impostore spesso non è riconosciuto, perché magari ha fascino, e sa ingannare. Naturalmente questi due modi di non essere riconosciuti dagli altri sono diversi (l’impostore vuole non essere riconosciuto, il genio invece viene ripudiato). Ma entrambi i modi hanno a che fare con la cecità dell’osservatore.

L’altro giorno per l’ennesima volta riflettevo su come funzionano le banche. Le banche mi interessano in quanto protagoniste ideali delle crisi, e le crisi mi interessano in quanto fallimenti dell’immaginazione. Oggetti shakespeariani.

Semplificando, una banca funziona così: depositiamo dei soldi, la banca li usa per investimenti e prestiti. I depositi sono a breve termine, nel senso che noi quando mettiamo i soldi in banca ci aspettiamo di poterli ritirare in qualsiasi momento. La banca però usa questi soldi per attività che non sono a breve termine: per esempio se presta i soldi a una persona o a un’azienda non può correre il giorno dopo a riprenderseli. I prestiti, inoltre, hanno un profilo di rischio potenzialmente elevato. Insomma, esiste una discrepanza fra la natura del denaro che depositiamo e il modo in cui viene usato, e questa discrepanza è pericolosa: se un giorno tutti decidessimo di chiedere i soldi indietro alla banca (la “corsa agli sportelli”), scopriremmo che non sono subito disponibili. Per questo esistono la regolamentazione e i sistemi di protezione. Ma l’attività bancaria conterrà sempre un rischio ineliminabile.

Perché lo accettiamo? Perché tenere i soldi sotto il materasso sarebbe più rischioso, ma anche perché la banca ha un valore sociale: tutti beneficiamo del fatto che qualcuno conceda prestiti in maniera organizzata. La banca è come un velo d’ignoranza posto fra chi deposita e chi prende in prestito. La banca offusca. La banca cela una fragilità così che possiamo ottenere risultati altrimenti non ottenibili. In fondo siamo noi che chiediamo alla banca di essere quello che è, e allo stesso tempo non vogliamo sapere esattamente cosa sia la banca. La banca è un impostore o un genio? Risolve o nasconde? Forse è quel soggetto estremamente intelligente ma non geniale, che deve esistere perché la nostra società ha bisogno di alcune zone di cecità.

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