Che la Nato non basti più per difendere l’Europa è ormai un dato di fatto: Donald Trump sta organizzando il distacco degli Stati Uniti dall’Alleanza atlantica ed Elon Musk gioca con il suo sistema Starlink minacciando a giorni alterni di spegnerlo per questo o quel paese (ieri l’Ucraina) col risultato di rendere vulnerabili i paesi che hanno avuto la dabbenaggine di ricorrere al suo sistema di satelliti.

In queste condizioni, è bene che Ursula von der Leyen abbia affrontato il problema di rendere indipendente e rinforzare la difesa europea. Peccato che abbia iniziato il percorso dalla fine invece che dal principio.

Cosa privilegiare

In effetti, se si vuole avviare un vero sistema di difesa europeo, occorrerebbe in primo luogo individuare i progetti e i sistemi di difesa comuni da privilegiare (scudo antimissili, produzione di armi e di ricambi, personale in servizio permanente, eccetera).

Poi sarebbe stato necessario procedere a un’analisi dei processi di integrazione tra i sistemi di difesa nazionali, per individuare carenze e sovrapposizioni da eliminare, nonché per standardizzare i sistemi di armamenti in modo che siano tra di loro compatibili.

Quindi sarebbe stato utile fare un calcolo per capire quanto sarebbe venuto a costare tutto questo impegno in termini di risorse finanziarie e per quanto tempo. E solo alla fine si sarebbe posto il problema di sapere come svincolare dagli obblighi di bilancio le somme corrispondenti e questo ci avrebbe portato a conoscere la percentuale di Pil da impegnare per il prossimo futuro in tutti gli Stati europei.

Invece, la Commissione europea è partita dalla fine, ossia da come svincolare le risorse (800 miliardi di euro) senza neanche sapere se sono troppi o troppo pochi, guidata solo dal balletto delle percentuali di Pil da dedicare alla difesa (2 per cento, ovvero 3 per cento, ma forse 5 per cento).

Meglio di niente, forse, ed è comunque un segnale di ripartenza dell’Unione europea. Ma ora è necessario procedere a definire cosa sia la difesa europea e cosa bisogna fare per evitare che ci sia una banale corsa al riarmo che non costituisce una difesa europea, che condurrebbe a sprechi deprecabili e che renderebbe questo sforzo odioso agli occhi della gente.

Per anni abbiamo detto che non si potevano spendere soldi per la lotta alla povertà, che non si potevano impegnare risorse per accogliere tutti i disperati che fuggivano dalla miseria e dalle persecuzioni, che non c’erano le risorse finanziare per lottare contro il degrado ambientale che sta portando all’estinzione del pianeta, e ora esce fuori che possiamo spendere anche oltre 800 miliardi di euro per un riarmo senza neanche sapere in cosa e senza alcuna certezza che sia efficace?

Perché la gente accetti questa inversione di politica è necessario che si sappia cosa si vuole fare, che siano assicurate efficacia ed efficienza e che siano avviati processi che rendano veramente indipendente l’Europa dagli Usa. Riarmarsi ora in tutta fretta significa solamente acquistare sistemi d’armamenti dagli Usa e, quindi, accentuare la dipendenza da un’amministrazione che ci ha già dichiarato essere indisponibile ad aiutarci: potrebbero decidere di interrompere le consegne o rifiutarsi di offrire assistenza e ci troveremmo senza alcuna difesa pur avendo speso somme esorbitanti.

Già l’Italia si è impegnata ad acquistare dagli Usa altri aerei F-35, sicché la nostra aeronautica militare resterà dipendente dalle tecnologie americane, pur se parte di questi aerei saranno costruiti nel nostro paese.

Sarebbe invece necessario avviare progetti europei di difesa integrando le nostre imprese e favorendo programmi pluriennali volti alla ricerca di nuove e autonome soluzioni militari. Abbiamo le competenze e le risorse per farlo. Solo così potremmo avere una reale indipendenza militare e potremmo anche beneficiare delle ricadute in campo civile delle ricerche svolte per scopi di difesa, come è avvenuto per gli Usa che hanno lucrato sul monopolio della difesa per generare vantaggi economici evidenti: le principali tecnologie oggi prevalenti sono derivate in larga misura dalla spesa militare.

I (falsi) motivi della fretta

E chi negli Usa sostiene che l’Europa si sia approfittata dell’America che si è impegnata per la difesa più di tutti dice il falso sapendo di mentire, perché è proprio questo ruolo di difesa dell’Occidente, che gli Usa hanno riservato a sé stessi, che ha consentito loro di primeggiare in tanti settori tecnologici di cui oggi sono monopolisti.

Qualcuno dirà che tutto ciò va bene, ma mette troppo tempo e intanto dobbiamo fare in fretta per riarmarci. E perché dovremmo avere fretta? Se la minaccia è la Russia, appare evidente che, dopo lo sforzo per la guerra in Ucraina dove non è riuscita neppure a vincere con un avversario decisamente più debole, non dobbiamo avere timori eccessivi nei prossimi anni.

E seppure sia vero che la Russia ha migliaia di bombe atomiche mentre noi ne abbiamo solo qualche centinaio, resta il fatto che ne bastano poche per distruggere tutto il pianeta, sicché questa non è, purtroppo, una preoccupazione da poter prendere in considerazione.

Abbiamo dunque il tempo per rendere l’Europa indipendente da tutti per la sua difesa, in modo che abbia «le carte» (come dice Trump) per tornare a giocare il suo ruolo, che è quello di sostenere la pace e il disarmo mondiale, premessa necessaria per riprendere la via della lotta al cambiamento climatico, che resta drammatico.

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