La proposta del Pd di potenziare l’imposta di successione per i patrimoni superiori a 5 milioni di euro e finanziare con il ricavato una dote di 10.000 euro per i diciottenni con basso reddito familiare è un tentativo di affrontare una questione molto seria: la disuguaglianza delle opportunità.

La proposta è stata criticata perché aumenta un’imposta (ormai un vero e proprio tabù). In realtà, intervenire sull’imposta di successione sarebbe più che giustificato. Oggi per i beni devoluti a favore del coniuge e dei figli non si paga nessuna imposta fino a un valore complessivo di un milione per ciascun beneficiario, per valori superiori l’aliquota è del 4 per cento sulla parte che eccede un milione.

Sono aliquote molto più basse di quelle in vigore nei principali paesi europei dove l’aliquota massima è compresa tra il 30 per cento della Germania e il 45 per cento della Francia. La proposta prevede di aumentare l’aliquota al 20 per la parte eccedente 5 milioni di euro, sempre per ciascun beneficiario. Un aumento, nel confronto internazionale, modesto.

Partenze e arrivi

L’imposta di successione è un caposaldo nell’approccio liberale al disegno del sistema tributario: è un modo di perseguire l’uguaglianza dei punti di partenza che il pensiero liberale privilegia rispetto a quella dei punti di arrivo.

Per inciso è singolare come i partiti italiani di centro e centro-destra siano fieramente contrari a ridare un significato all’imposta di successione nonostante i loro numerosi esponenti liberali (o per lo meno sedicenti tali).

In realtà, l’evidenza empirica dimostra che uguaglianza delle opportunità e dei risultati tendono a muoversi insieme. La cosiddetta “curva del Grande Gatsby”, un termine coniato nel 2012 da Alan Krueger, allora consigliere economico di Barack Obama, mostra come paesi con maggiore disuguaglianza della distribuzione del reddito presentino anche scarsa mobilità sociale tra generazioni (il reddito dei genitori predice in buona parte il reddito dei figli).

Tra i paesi occidentali, l’Italia (insieme a Stati Uniti e Regno Unito) presenta i risultati peggiori per entrambe le dimensioni e ciò è vero soprattutto per il Mezzogiorno. Sembra, quindi, del tutto sensato un intervento che finanzi con l’aumento dell’imposta di successione politiche a favore dei giovani provenienti da famiglie relativamente povere.

I punti deboli

La questione è come intervenire. La proposta del Pd prevede una dotazione finanziaria di 10.000 euro da destinare alla formazione (frequenza di corsi universitari, corsi post universitari, corsi di formazione riconosciuti, tirocini professionali) o all’avvio di una attività imprenditoriale o professionale.

I punti deboli della proposta sono diversi. Per prima cosa, l’individuazione delle spese ammissibili. L’investimento in istruzione è certamente un correttivo importante a un punto di partenza svantaggiato. Ma deve trattarsi di istruzione di qualità. Come si decide quali corsi di formazione o tirocini sarebbero ammissibili? La stessa difficoltà si incontrerebbe per definire l’ammissibilità di spese di avvio di un’attività.

L’ammontare della dote poi è troppo modesto. Restando sulla formazione, l’opzione ideale sarebbe frequentare una buona università preferibilmente non dietro casa. Ma il costo stimato per uno studente fuori sede in una grande città è di circa 10.000 euro l’anno. La dote immaginata non basterebbe a fare la differenza.

Una proposta simile avanzata negli Stati Uniti dal senatore democratico Cory Booker nel 2018 stimava per giovani provenienti da famiglie molto povere una dote di circa 46.000 dollari. Nel nostro caso si rischia che la proposta abbia un valore solo simbolico, con scarsa capacità di incidere sui problemi che vorrebbe affrontare. Il pericolo è insomma di ritrovarsi alla fine, al di là delle intenzioni, di fronte a una sorta di superbonus diciottenni.

Per memoria, il bonus cultura o bonus diciottenni, introdotto dal governo Renzi nel 2016 e reso permanente con la legge di bilancio 2022 con uno stanziamento annuo di 230 milioni offre un dono di 500 euro per chiunque compia diciotto anni (senza limiti di reddito), spendibile per libri, biglietti per concerti, teatro, cinema, musei, monumenti, abbonamenti a quotidiani, ecc. In quel caso, un’iniziativa estemporanea prodromica alla recente bonus-mania.

Una critica più generale riguarda l’approccio di erogare somme di denaro, peraltro insufficienti, ai singoli per rispondere a specifiche esigenze (approccio esaltato con la bonus-mania). Una soluzione individuale.

Sicurezza sociale

Diversamente dai sistemi di sicurezza sociale che propongono soluzioni collettive che spesso passano attraverso la fornitura di servizi. Nel nostro caso, ci sarebbero vari modi di affrontare in modo parziale ma più incisivo la questione. Il primo che viene in mente, solo per fare un esempio, è superare uno dei principali ostacoli in Italia all’accesso alla formazione superiore: la grave carenza di residenze universitarie.

La percentuale di studenti che vi alloggia è in Italia tra le più basse, se non la più bassa, d’Europa: 5 per cento contro una media del 18 per cento, con punte che superano il 30 per cento nei paesi baltici (dati Eurostudent). Molti studenti provenienti da famiglie meno abbienti sono così costretti a studiare nella sede più vicina a prescindere dalla sua qualità, perpetuando così la loro condizione di svantaggio rispetto a chi può permettersi di scegliere e frequentare le migliori università.

Destinare il gettito dell’imposta di successione a un programma di costruzione di residenze universitarie (e di borse di studio) sarebbe una misura forse meno affascinante, ma più efficace per far crescere la mobilità sociale intergenerazionale.

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