È stato pubblicato di recente uno studio dei Servizi di prevenzione degli Stati Uniti d’America (Uspstf) che aggiorna le conoscenze già disponibili sull’efficacia preventiva dei preparati vitaminici.

Dopo aver esaminato i risultati di ricerche che hanno coinvolto oltre 700mila persone, il verdetto ribadisce quanto era già noto da tempo: non vi è alcuna evidenza che il consumo regolare di preparati multivitaminici influenzi in qualsiasi modo la mortalità, o la probabilità di ammalarsi di malattie cardiovascolari, di cancro o di demenza.

Nonostante questo, il consumo di preparati multivitaminici e di integratori è diffusissimo ed è cresciuto ulteriormente durante la pandemia. In Italia si stima che siano circa 32 milioni le persone che nell’ultimo anno hanno acquistato almeno uno di questi preparati, per una spesa complessiva di 3,5 miliardi di euro. Il consumo di vitamine e di integratori è forse il più eclatante esempio di contraddizione tra le conoscenze scientifiche e i comportamenti delle persone.

Convinzioni salde

È vero che gran parte dei consumatori di vitamine non lo fanno per ridurre in questo modo il proprio rischio di cancro o di infarto, ma sostengono invece di usarle per accrescere il loro benessere generale, per combattere la stanchezza, lo stress e l’ansia se non addirittura per avere pelle, unghie e capelli più belli e più sani.

È però altrettanto vero che nessuno di tali benefici è mai stato dimostrato, anche se questo non sembra sufficiente a smuovere le salde convinzioni degli aficionados.

Certo che le vitamine sono importanti per il nostro organismo, ma è un cortocircuito logico pensare che se in piccole dosi fanno bene, allora prenderne di più farà meglio. D’altra parte, come opporsi alle 188 recensioni positive (neppure una che dica “Mah?! Non mi sembra di aver visto grandi differenze”) che accompagnano in rete la vendita di orsetti gommosi che contengono più di dieci volte il fabbisogno giornaliero di Vitamina H?

Vedere il mondo in bianco e nero non aiuta a fare scelte razionali. Seriamente, dovremmo chiederci come mai sia così facile vendere gli effetti non provati di questi prodotti e sia invece così difficile convincere le persone a ricevere vaccini potenzialmente salvavita.

Vaccini salvavita

Le ragioni possono essere molte, ma metterei tra le prime la diffusa tendenza a dividere il mondo in modo netto tra bianco e nero, tra buono e cattivo, tra “con me” e “contro di me”.

Una volta che il pluridecennale marketing delle vitamine è riuscito a piazzarle sul versante positivo del buono/naturale/salutare, diventa difficilissimo smuoverle da lì.

Le persone percepiscono le vitamine come naturali e i vaccini come artificiali, le vitamine come essenziali e i vaccini come opzionali, le vitamine come non controverse e i vaccini come politicamente contrassegnati.

Per di più la vaccinazione causa dolore al braccio e febbre senza dare una chiara evidenza che “per te” stia davvero funzionando, mentre le vitamine non danno effetti fastidiosi e regalano l’esperienza di un rasserenante effetto placebo: più energia, maggiore benessere e capelli più folti.

Gli esperti potranno anche dire che questi effetti non sono dimostrabili, o che sono nella migliore delle ipotesi assolutamente modesti, ma di nuovo, come combattere contro la soddisfazione individuale e il desiderio di sentirsi meglio, più sani e più belli?

Il lavoro dell’Uspstf ha sintetizzato in modo indiscutibile la non rilevanza per la salute (salvo nel caso di specifiche patologie carenziali) degli integratori vitaminici e minerali, ma questo non è abbastanza. Se riteniamo che le persone debbano smettere di assumere inutili preparati e fare invece maggiore attenzione agli aspetti di documentata rilevanza preventiva (alimentazione, alcol, tabacco, esercizio fisico, vaccinazioni) dovremo prestare ancora più attenzione agli aspetti psicologici, comunicativi e politici che spingono le persone ad abbracciare comportamenti incongruenti.

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