La fatica d’Europa per avere una difesa «indipendente»

Il vertice Ue che si apre (e chiude) giovedì a Bruxelles sarà interamente dedicato a sicurezza e difesa: la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, innanzitutto, specie dopo le ultime torsioni pro-Russia di Donald Trump e la prospettiva – di nuovo all’ordine del giorno – di un suo possibile accordo con Vladimir Putin sulla testa di Volodymyr Zelensky e degli europei, siglato per di più in quella Budapest che ha condizionato e ritardato a più riprese le iniziative dell’Unione. Oltre a ribadire con energia il proprio sostegno a Kiev, il summit dovrebbe dare il via libera ad un altro pacchetto di sanzioni contro Mosca (il 19esimo dal 2022) e al varo del cosiddetto reparation loan, ovvero un mega-prestito di 140 miliardi di euro al governo ucraino garantito dai fondi della Banca centrale russa “congelati” in Europa dopo l’invasione di tre anni fa. Meloni smentisce Trump: «Noi con Kiev». La freddezza della Lega sui soldi del riarmo A permetterne l’adozione sarà, pare, l’arrivo ritardato al vertice di Viktor Orban, trattenuto a Budapest – ironia della storia e della politica – dalle celebrazioni per l’anniversario della rivolta ungherese del 1956 contro Mosca. Già un paio d’anni fa, del resto, un’altra tranche di aiuti a Kiev era stata approvata solo dopo che l’allora cancelliere Olaf Scholz aveva convinto Orban ad assentarsi dalla sala delle deliberazioni. Il vertice dovrebbe inoltre approvare tanto la roadmap per la cosiddetta “Defence Readiness 2030” presentata la scorsa settimana dalla Commissione e dall’Alto Rappresentante Kaja Kallas (in una comunicazione che dà seguito al Libro Bianco del marzo scorso), quanto al nuovo Regolamento comunitario sull’European Defence Industrial Programme (Edip) adottato pochi giorni fa dai co-legislatori (Consiglio e parlamento europeo), dopo oltre un anno di negoziati. La roadmap articola in dettaglio come l’Unione potrà raggiungere un livello adeguato di readiness da qui al 2030. A coordinare le diverse iniziative sarà una cabina di regia composta dalla Commissione e dall’Alto Rappresentante (anche come responsabile dell’Agenzia europea di difesa, che riunisce i ministeri nazionali), stabilendo così un migliore equilibrio fra le competenze rispettive dei diversi attori coinvolti: non è un segreto infatti che le ripetute esternazioni di Ursula von der Leyen in materia abbiano creato tensioni con le capitali, sollecitando perfino una reprimenda pubblica di Boris Pistorius da Berlino. Dal Consiglio europeo alla Cop30, l’Ue dice addio al sogno verde La roadmap insiste inoltre sull’importanza di acquisire sempre maggiore “indipendenza” – e in certa misura perfino autosufficienza – nella produzione e acquisizione delle capacità militari necessarie, ma lo fa sottolineando, per la prima volta in maniera netta ed esplicita, la necessità di procedere in modo «complementare e compatibile» con le attività della Nato. Infine, ed è un’altra novità importante, la roadmap sollecita i paesi membri a formare «coalizioni di capacità» fra gruppi più ristretti – ma aperti a paesi europei non-Ue (dalla Gran Bretagna alla stessa Ucraina) – in modo da creare sinergie ed economie di scala ma anche da incoraggiare, almeno indirettamente, un certo grado di specializzazione: in altre parole, le geometrie variabili come modello di implementazione e di integrazione, a cominciare dalle capacità più urgenti come i droni e le difese anti-aree. Le vie per la vittoria di Putin si stanno chiudendo tutte L’Edip costituisce invece lo strumento attuativo per mettere ordine – da qui al 2027, quando scadrà il ciclo attuale del bilancio comunitario – nei vari programmi ad hoc di politica industriale lanciati dal 2021: il Fondo europeo di difesa, i finanziamenti alla produzione e all’acquisizione di munizioni, ed altri possibili aiuti per il settore (con l’eccezione del fondo Safe, basato invece su prestiti a lungo termine). Il valore dei materiali acquisiti al di fuori dell’Ue non dovrà superare il 35 per cento del totale, anche per tutelare il made in Europe; e, per il biennio 2026-27, la dotazione complessiva del programma è confermata a 1,5 miliardi di euro, di cui 300 milioni sono fin d’ora riservati all’Ucraina. Ma il co-rapporteur per Strasburgo – quel Raphael Glucksmann che, con la sua Place Publique, incarna oggi l’anima riformista ed europeista della sinistra francese – ha auspicato che le risorse dell’Edip crescano ancora, mentre il gruppo S&D ha sottolineato come le resistenze siano venute soprattutto da popolari e conservatori.