Appena un mese fa Vincenzo De Luca è stato elevato agli altari della politica dal 68 per cento degli elettori campani; oggi la rabbia sociale investe le sue decisioni e la sua persona.

E’ un capovolgimento così rapido e così radicale che merita una riflessione più attenta sulle cause piuttosto che sulla ricerca di chi c’è dietro la violenta contestazione della scelta del coprifuoco per tutte le attività dopo le 23 e prima della chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Che non si tratti di una rivolta isolata dei “masanielli” napoletani contro “l’invasore salernitano” è dimostrato dal fatto che manifestazioni altrettanto arrabbiate (anche se non sfociate, per fortuna, in azioni vandaliche) si sono svolte proprio laddove erano più inaspettate, cioè nella stessa città di Salerno e in altre cittadine della provincia.

Sono state le opposizioni politiche a fomentare la protesta? Potevano mai mettere in piazza tante persone i partiti e i movimenti che in campagna elettorale non sono riusciti a organizzare neanche un comizio decente?

Il che non vuol dire che alcune forze politiche specializzate in violenze (come Forza Nuova) non ne abbiano condizionato l’andamento .

E’ stata la camorra? Così si dà un’immagine sbagliata dei suoi interessi. I camorristi stanno in attesa di rilevare imprese commerciali, bar, ristoranti e alberghi e quante altre attività economiche non dovessero farcela a superare la crisi di incassi e di liquidità che si prospetta.

I camorristi in questo frangente fanno il tifo per fallimenti di massa di piccole, medie e grandi attività del settore terziario.

Nelle grandi tragedie storiche, nelle catastrofi, nelle pandemie, i criminali non rivestono quasi mai il ruolo di agitatori ma piuttosto quello di profittatori.

Spesso provano a consolidare il consenso con qualche forma di generosità per chi sta peggio.

Ciò non vuol dire che qualche ragazzo vicino al mondo malavitoso non si sia infilato nelle manifestazioni, a partire da quelli che abitano a ridosso della sede della regione presa d’assalto.

La mia interpretazione dei fatti è la seguente: si tratta di innanzitutto dell’esplosione di una “fiducia tradita” in settori che si erano convinti delle parole di De Luca, che cioè il peggio era passato, che la sanità campana era in grado di fare fronte a una nuova impennata di contagi, che si era cioè in mani sicure, come diceva lo slogan della sua campagna elettorale. E che non ci sarebbero stati problemi per le varie attività economiche.

Quando si è scoperto che tutto ciò non era vero, è scattata la disillusione e poi il rancore contro la persona che prima si venerava.

De Luca, quindi, è vittima del suo stesso racconto, che poteva reggere per la campagna elettorale, ma è crollato miseramente appena il virus non si è impressionato delle sue prediche senza contraddittorio e delle sue arcigne pantomime televisive.

Contro De Luca si è rivoltata innanzitutto la Napoli del commercio, cioè la spina dorsale dell’economia cittadina, che ha avuto un grande ruolo di assorbimento di una parte della disoccupazione giovanile grazie alla massiccia presenza in città di turisti mai riscontrata in precedenza.

Il sottoproletariato urbano giovanile ha trovato in questo settore un’alternativa al vivere di illegalità sempre al confine con la criminalità . E’ in questo mondo che ci saranno le maggiori conseguenze sociali per il crollo delle attività commerciali e turistiche.

De Luca, dopo la sua rielezione plebiscitaria ha cominciato ad accarezzare il ruolo di leader nazionale, incoraggiato da un arrendevole segretario del Pd Zingaretti e da un atteggiamento reverenziale dei ministri del Pd al governo. Lo stesso premier Giuseppe Conte gli ha concesso spazio.

Per quale motivo può essere consentito a un presidente di regione di dichiarare: “Per l’Italia decide il governo, per la Campania faremo quello che riteniamo giusto”. E la Campania non è Italia?

Se le comunicazioni sull’eventuale chiusura totale delle attività fossero state date dal presidente del Consiglio, accompagnate da rassicurazioni riguardo il ristoro dei mancati guadagni, non sarebbe avvenuto quello a cui abbiamo assistito l’altra notte.

Il presidente della Campania sogna di comandare sull’Italia e finora gli è stata data l’impressione di poterlo fare dettando lui i tempi e i modi di gestione della pandemia.

Non era meglio ricordargli le sue mancanze nel predisporre i posti in terapia intensiva, nel far funzionare il tracciamento dei contagiati, nel garantire un numero adeguato di tamponi? De Luca decide cose che riguardano la vita di noi tutti come se fossero punizioni per i nostri comportamenti. Riversare le colpe sulle vittime è sempre inaccettabile. Questo atteggiamento esaspera animi già spaventati.

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